USA & GETTA. L'AMERICA ON THE ROAD DI SEBA PEZZANI

 di Laura Bonelli

Giornalista, musicista e scrittore, Seba Pezzani ha un cuore a stelle e strisce. Acuto osservatore, i suoi diari di viaggio hanno una narrazione tale da riuscire quasi a vedere effettivamente, vivere i luoghi e le situazioni. Questo suo ultimo lavoro USA & GETTA (Nuova Editrice Berti) consente un salto temporale all'indietro di 15 anni ed è cosa insolita essere trasportati nel passato e riuscire a respirarne le atmosfere, come se fosse oggi. 





Perché Usa & getta?

Di fronte alla bellezza stravagante delle cose e delle persone che mi passarono accanto al finestrino dell’automobile di chi ci era venuto a prendere all’aeroporto di Chicago, iniziai ad annotarmi tutto su un taccuino che, saggiamente, mi ero infilato in una tasca prima di partire per gli USA. Il giorno dopo il nostro arrivo nell’Illinois centrale, pianura sconfinata di campi di mais e soia, andai in un supermercato e comprai un blocco e una penna. Ogni sera, dopo una giornata di viaggio, iniziai ad ampliare quegli appunti e ad aggiungerne altri, scrivendo a mano una sorta di diario, senza alcuna pretesa. Ma con gioia, componente che per me è fondamentale se voglio giungere in fondo a un progetto. Al mio ritorno in Italia, mi resi conto che le pagine che avevo scritto avevano un che di organico e, tutto sommato, non mediocre. Finii di ricostruire i miei ricordi che avevo lasciato in sospeso negli ultimi giorni di viaggi troppo stancanti per scrivere e mi ritrovai per le mani quello che, in buona sostanza, era un libro. Mi parve di aver fatto un buon lavoro e, pieno di entusiasmo, lo proposi all’unica persona che pensavo che mi avrebbe potuto dare ascolto, un noto editore locale nonché amico però, di fatto, non se ne fece nulla. Io nel frattempo avevo trovato un titolo che speravo fosse sufficientemente leggero, per non fuorviare un eventuale lettore inducendolo a pensare che si trattasse di un saggio accademico. Il titolo rimase nel cassetto insieme al libro per tanti anni. Ora è uscito dal cassetto.




Tom Fedro, American flag


Un viaggio lontano 15 anni, appunti serali che alla fine sono diventati un libro. Cosa ricordi in particolare di quel periodo?

Ricordo grande serenità, felicità. In fondo, quella vacanza fu una luna di miele non ufficiale per me, con quella che al tempo era la mia compagna, una ragazza di madre italiana e di padre americano, ma al 70% americana in quanto la maggior parte della sua vita l’aveva vissuta lì e l’italiano lo parlava a fatica. Era il mio secondo viaggio negli USA. Il primo lo avevo fatto poco meno di dieci anni prima, insieme ai Valvol-One, una mia vecchia banda, tra New York, Pittsburgh e Washington. Ma viaggiare nel Midwest, terra della mia ex-compagna, e nel vero e proprio West (Colorado, Utah, Nevada, California, Oregon e Washington) mi aprì un mondo intero davanti agli occhi da bambino che avevo. La strada è il miglior modo per conoscere gli USA e in quei venti giorni feci tutto quello che non sono più riuscito del tutto a fare in seguito. Avevamo un itinerario di massima, sapevamo da dove si partiva e da dove saremmo tornati in Italia, ma il resto fu all’insegna delle decisioni improvvise, dell’ultimo istante. Ci fermiamo qui? Andiamo là? Era un’America già scalfita dall’11 settembre, ma decisamente meno divisa e arrabbiata rispetto a oggi. E il mio senso di meraviglia quotidiano spero permei le pagine che ho scritto.



Ogni capitolo ha una sorta di colonna sonora. Come è nata l’idea?

La mia vita è sempre in qualche modo scandita dalla musica. La mia ex-compagna è appassionata di musica e spesso, durante il viaggio, in un grande supermercato o in un negozio di dischi mi capitò di imbattermi in CD di artisti a me cari e di comprarmeli. Il resto è automatico. E le radio FM sono la storia quotidiana stessa degli USA: milioni di persone in macchina (un tempo in carovane di carri) che si lasciano accompagnare dalle note dei loro beniamini e dalle parole di per sé musicali (perché la cadenza regionale è straordinariamente allitterata) dei DJ.






Corporate Art Task Force Art, Las Vegas Collage


"Non c'è bambino più bambino di un adulto stanco di fare l'adulto" è una delle tue riflessioni su Las Vegas...

Pensa che nemmeno me la ricordavo più. Però, confermo quanto scritto. La mia idea preconcetta di Las Vegas era negativissima. Non intendo sostenere che Las Vegas sia un posto splendido o uno dei miei preferiti degli Stati Uniti. Non credo che ci andrei mai di proposito. Però, se non mi fossi lasciato convincere a passarvi la notte, in transito dallo Utah alla California, non solo mi sarei perso un pezzo intrigante di folklore a stelle e strisce ma pure una città in cui ci si può pure divertire in modo sano. Lo spettro del gioco, dell’alcolismo, del vizio in generale e della depressione aleggia nell’ombra, ma vedere comitive di anziani sorridenti che scendevano dall’autobus per farsi un weekend spensierato in questa città sorta dal nulla in una pietraia riarsa dal sole non è affatto una cosa brutta. E il deserto che circonda la città è a suo modo affascinante. Non c’è nulla di male nel voler tornare ogni tanto bambini e gli americani sono sostanzialmente dei bambinoni.



Devo essere sincera, la tua descrizione del concerto di Bob Dylan mi ha colpito molto! Anche per la varia umanità presente ad ascoltarlo...

Volevo toccare di prima mano l’atmosfera da concerto rock nel paese che il rock lo ha inventato. E per questo ricordo di aver fatto una ricerca online che mi facesse capire se, a distanza ragionevole dal nostro itinerario di massa, ci sarebbe stato qualcosa di appetibile. Bob Dylan è uno dei miei punti di riferimento da sempre e, quando scoprii che avrebbe tenuto un concerto sul confine tra Oregon e stato di Washington, acquistai i biglietti online e prenotai uno splendido B&B nel mezzo di una foresta di conifere. Il concerto non fu di per sé straordinario (come spesso succede con l’altalenante Bob), ma vedere il pubblico variegato di ex-figli dei fiori che si portavano appresso le sedie sdraio pieghevoli e i frigobar da campeggio, con birre, panini, figliolanza e via dicendo, fu un’esperienza inedita. La cornice naturale fece il resto.



Seba Pezzani


Ci sarà un prossimo viaggio negli States? E magari un diario che appunti i cambiamenti?

Mi piacerebbe, ma non so quando avverrà. So che, se dovessi fare di nuovo un viaggio on the road, non mancherei di prendere appunti. In fondo, ci ho preso gusto e ho scoperto che è un tipo di scrittura che mi si addice. Non voglio dire che non ci siano altri scrittori capaci di fare meglio di me, ma spero che il registro su cui imposto in maniera molto intuitiva le mie analisi e descrizioni risulti credibile, sincero e divertente, senza mai scadere nel banale. Il tempo scorre e le cose succedono e i quattro anni cupi di presidenza Trump e il primo anno non brillantissimo (diciamo così) di presidenza Biden lasciano intendere che all’orizzonte possano esserci altre sorprese. Nel caso degli USA, una sorpresa sullo scacchiere internazionale


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