PAKISTAN DREAMING Un’avventura da Islamabad alle montagne del Karakorum. INTERVISTA A MARCO RIZZINI

di Laura Bonelli

Un diario di viaggio fitto di esperienze, volti e luoghi in uno dei luoghi più controversi del pianeta. Pakistan dreaming di Marco Rizzini (Ediciclo Editore) narra dall'interno "la terra dei cattivi" e accorcia le distanze tra questo posto ricco di fascino, storia, monumenti naturali e lo sguardo forse prevenuto dell' Occidente, attraverso la curiosità, l'apertura e una buona dose di ironia.




Un viaggio che diventa un diario di viaggio. Com'è nata l'idea?

“Pakistan Dreaming”, il mio secondo libro dopo “Panda o morte”, è nato direttamente in medias res. Mentre attraversavo il Pakistan via terra, prendevo appunti sulle chiacchiere con le varie persone incontrate. Erano tanti spunti, tante annotazioni di persone e luoghi di cui prendevo nota per approfondire poi online al ritorno. Scrivere di questa avventura è stata una conseguenza immediata e naturale. Credo che se fossi partito con l’idea di pubblicare un libro da questa mia esperienza, tutto sarebbe andato in maniera diversa. Sia per quel che riguarda il libro ma più che altro per l’esperienza stessa di viaggio. Avrei avuto un’ansia da prestazione che avrebbe invalidato la bellezza di ogni mia scoperta, di ogni mio respiro, di ogni mio sguardo obliquo sul mondo.




Scrivi: "La sorpresa è l’esperienza in prima persona di quello che vuol dire la disponibilità e il cuore aperto dei pakistani, uno dei popoli più amichevoli incontrati in vita mia." Eppure qui da noi c'è una sorta di pregiudizio nei confronti del Pakistan...

Il Pakistan non è un paese facile. È un paese di gente di cuore ma al contempo un paese orgoglioso e non addomesticabile, lontano dall’idea di modernità del mondo anglosassone e delle sue appendici culturali, lontano dai temi che dominano l’agenda setting dei media mainstream occidentali. Un paese che mi ha stupito e che porterò sempre nel cuore, dove mi sono sentito esploratore, dove ho potuto scoprire un senso di amicizia ed accoglienza importanti. Un mondo diverso e che non possiamo giudicare con il filtro dell’etnocentrismo, del giudicare gli altri secondo il nostro sistema metrico valoriale.


Hai visitato luoghi davvero leggendari, quali ti hanno colpito di più?

Ho visitato tanti Pakistan, tutti diversi. Dalle montagne del nord confinanti con la Cina, alle città infuocate dall’aria rovente del centro del paese, come Lahore, la capitale culturale. Da Peshawar e dal confine afgano fino alla capitale Islamabad, che porta fin dalla sua etimologia la forza del dogma e della fede. Tanti Pakistan come tante idee di nazione e di popolo. È una sfida troppo difficile, lo scegliere quale mi abbia colpito maggiormente. Di certo, alzarmi all’alba e ammirare la potenza inaudita della Montagna Assassina, del sole che si riflette sul Nanga Parbat sorseggiando un tè caldo, è una sensazione difficile da emulare. Credo che il Pakistan di montagna, il Pakistan degli Ottomila metri non abbia eguali.




Nel tuo libro sono descritti molti incontri, che idea ti sei fatto della gente del posto?

Pakistan Dreaming è un libro di incontri. Amo parlare con tutti e quel che ne è uscito è un libro di Polaroid, di istantanee. Ho parlato con profili differenti, ottenendo risposte e approfondimenti sempre diversi. Dal professore universitario al tassista, dal religioso oltranzista all’expat di successo che lavora in una multinazionale a Londra, dal cuoco di un ristorante brillante a Dubai al soldato di guardia. Ne emergono scenari diversi, di apertura come di chiusura al mondo, di pregiudizio e accoglienza, di cuore ma anche di sguardi torvi. Ogni mondo è paese.



L'Islam e le altre religioni che ruotano attorno al Pakistan. Come hai percepito la spiritualità di questo paese?

L’Islam in Pakistan è totalizzante. E’ un elemento fondante dell’identità della nazione, che nasce su base etnica e religiosa con il collasso della grande India britannica e la spartizione dei suoi resti tra induisti e musulmani. L’Islam è spiritualità e collante nazionale, è appartenenza, è tutto. L’emblema vive nel nome della capitale Islamabad, città di fondazione di questo nuovo Stato dove la religione è onnipervasiva. Il proselitismo è vietato e le minoranze religiose non credo siano molto rappresentate. Sarebbe interessante saperne di più sulla vita di un cristiano in terra pakistana. Questa è una Polaroid che manca alla mia collezione.







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