GIURATO NUMERO 2 DI CLINT EASTWOOD. LA RECENSIONE


di Accursio Soldano




La domanda che lo spettatore si pone quando la giuria si ritira per deliberare è: il dubbio diventerà certezza? Quando la giuria comincia a discutere sul verdetto lo spettatore si chiede se è possibile che la vita di un uomo sia legata agli impegni familiari di un giurato e se le esperienze passate di ognuno di noi possano condizionare le scelte future e i nostri giudizi; ad ascoltare la pubblica accusa ci si chiede se la carriera viene prima della giustizia, quando viene emessa la sentenza la domanda è: io avrei fatto lo stesso? E infine, quando suonano alla porta, il sentimento è contrastante e oscilla fra un “lascia perdere” e un “anche tu, in fondo sei colpevole”.
 
Il nuovo e (si presume) ultimo film di Clint Eastwood è un elogio al dubbio che qui non è nell'accezione socratiana del “so di non sapere”, qui diventa un “so di sapere, ma è utile che gli altri lo sappiano?” un attacco al “ragionevole dubbio” una analisi spietata di un sistema giudiziario che, come la dea, ha gli occhi bendati, dove interessi e vittorie valgono più della Giustizia.
 
Sarà anche per questo che dopo l'inquadratura sulla statua delle Giustizia, il film si apre con una donna bendata portata a scoprire quello che le sta concedendo il futuro: una bella stanzetta per la bambina che sta per nascere. Guidata dal marito, ex alcolizzato che grazie a lei ha cambiato vita ed entrambi ancora tormentati dal dolore di una prima gravidanza non portata a compimento. Ma adesso tutto va per il meglio anche se lui non riesce a farsi escludere dall'essere un giurato in un processo per omicidio avvenuto l'anno prima.

 

Clint Eastwood 


Lui è il giurato numero 2 e l'imputato è l'ex fidanzato della vittima con un passato burrascoso, messo alla sbarra senza nessuna prova concreta ma che è diventato la giusta vittima sacrificale per gli interessi più svariati: una sua condanna farebbe “comodo” a molti, e questa utilità fa passare in secondo piano la giustizia. Non c'è la ricerca di un colpevole, per la polizia e per il procuratore il colpevole è lui e questa condanna deve essere da esempio. Anche senza prove. Nessuno sa davvero cosa è successo la sera in cui la ragazza è morta. Non lo sa nessuno, tranne il giurato numero 2 che a quel punto deve fare una scelta. E la fa!
 
E ci si chiede: abbiamo anche noi, una volta nella vita, fatto deliberatamente del male pur di salvarci?
 
 
 

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