BELLO, DISPERATAMENTE SOLO.

 di Nene Ferrandi


Sandiwaras, Male with long hair in Popart style


Una pagina uguale a se stessa, statica nella sua solitudine, informe, e protagonista: un uomo senza voce, il volto capriccioso di capelli lunghi spettinati, casualmente ondegggianti nel vento di una mattinata imbronciata. Un orizzonte delimita l'estensione di un campo di grano e si perde senza parole, nell’intensità di un cielo azzurro. Immobile la natura sembra ripetersi ogni giorno, in questa estate senza sorprese. Quell’uomo occupa una panchina davanti a un fossato vivo di rane gracidanti: ha con cura steso quattro dipinti e li osserva, probabilmente compiaciuto, con lo stesso soggetto: il celebre campo di grano di Van Gogh. Ma sì, l’imitazione è quasi perfetta: traspare profonda solitudine e un tormento dell’anima in cui riconoscersi e lasciare poi libera la follia in quel volo dei corvi che diventa ossessivo in una delle riproduzioni. Un’affinità con il grande pittore che nessuno deve capire o immaginare, espressa con pochi colori fondamentali: il giallo viene impiegato per rappresentare il grano, i segni verdi e rossi indicano i sentieri che attraversano i campi. Pennellate materiche, essenziali per rendere la forza del pensiero, l’intensità di una sofferenza al di là della realtà

Esisteva lo sconosciuto e Van Gogh con cui dialogare e sentirsi appagato Disperatamente uniti, in un mondo che non ammette intrusioni, in un silenzio che esclude e i miei tentativi di un saluto, di una considerazione banale sul tempo che passa, sulla validità delle riproduzuioni che si moltiiplicavano ossessivamente, creavano visibilmente fastidio e disturbo.

Dopo un mese di “frequentazione” a distanza, avevo ottenuto un Ciao di saluto, quasi fosse un dovere, piatto, senza trasporto o empatia e il suo viso ancora si nascondeva tra i capelli scapigliati. Ma io sapevo, non chiedetemi come o perché, che i suoi occhi erano verdi come l’immensità del mare, a volte come un bosco arrabbiato, uno specchio dorato di speranza. E li immaginavo ombrosi di ansia, liquidi di emozioni inespresse, inquieti dopo un crollo alla dolcezza, teneri nella trasparenza dell’anima. Belli come quel viso assorto, chiuso, sempre lontano, ingabbiato in un silenzio di incomunicabilità.

Mi innamorai senza un perché razionale, mi avvicinai per vederlo subito ritrarsi quasi spaventato, scopriii quel suo lavoro ripetuto ogni giorno automaticamente alla cassa del negozio di scarpe del padre, i suoi Van Gogh fatti e rifatti, la monotonia dei suoi silenzi.

Seduta sulla panchina accanto dialogavo con me stessa ad alta voce, una tela sulle ginocchia, I Girasoli di Van Gogh sbozzati e il giallo intenso e brillante da stendere con la vita nelle mani ad evocare la luce del sole. Ma quel giallo non era mai così bello, così imperioso…eppure era la speranza. Mi avvicinai per rompere un muro, chiedendo un parere e…sì mi rispose a capo chino, mi insegnò come miscelare il giallo con il bianco o il rosso e Van Gogh divenne il nostro Dio, il demiurgo del nostro chiacchierare. Nulla di personale, naturalmente, ma il mio cuore ballava di sorrisi ed io mitizzavo il futuro, il tempo di un amore baciato dal sole.

Quel sole strappò quella pagina al tramonto dopo una giornata di attesa inquieta e preoccupata. Una pagina volata nell’infinito dell’ignoto. Piansi: a me che importava che fosse autistico, che il tempo avesse le sue scadenze…mi bastava la sua sensibilità fiorita in un campo di grano. Ora ovunque tu sia 

Cammini nel sole

E bruci le suole anche se

Non c'è direzione

Ma profumo di viole c'è

Tu cammina nel sole

Cammina nel sole

 Sotto le costellazioni

Siamo anime a milioni

Che a pensarci c'è da perdersi

Tutti con la propria storia

Un graffio dentro alla memoria

Tutti sulla stessa strada"

(Gianluca Grignani)

Commenti

Post più popolari