LUIGI PIRANDELLO, IO SONO FASCISTA. INTERVISTA CON IL GIORNALISTA PIERO MELI

di Laura Bonelli 

Un lavoro di ricerca minuzioso e amplissimo che mette in luce un lato meno noto di Luigi Pirandello. Lo studioso e giornalista Piero Meli nel suo saggio "Luigi Pirandello Io sono fascista" (Salvatore Sciascia Editore), racconta il pensiero e gli stretti rapporti col fascismo del celebre scrittore siciliano. Un libro di grande valore storico che tratteggia non solo una nuova immagine dell'artista ma documenta una parte del percorso sociale e politico d'Italia attraverso materiale inedito e raro.






Nel tuo libro scrivi che la critica negli ultimi settant'anni ha minimizzato o taciuto il fatto che Pirandello fosse fascista. Come mai secondo te?

 La scelta di Pirandello di iscriversi al Partito fascista nel 1924, all’indomani del delitto Matteotti,  in un frangente così delicato della storia politica d’Italia  sollevò allora molte polemiche.  Data la  sua notorietà  internazionale, l’adesione di Pirandello,  che non era uno  qualsiasi, era apparsa a tutti una vera e propria “sentenza” politica  e per di più una sentenza “storica” in favore del fascismo di Mussolini.

  Nessuno fiatò  invece quando l’anno prima,  nel 1923, Guglielmo Marconi aderì al fascismo o quando nello stesso anno di Pirandello, presero la tessera Giacomo  Puccini,  Salvatore Di Giacomo, Ugo  Ojetti e Giovanni Alfredo  Cesareo, ricevendone in premio il  seggio senatoriale. 

      Dopo la caduta del fascismo, quando tutti si svegliarono antifascisti, l’ideologia di Pirandello divenne imbarazzante per la critica dominante. Che il nostro scrittore più famoso del Novecento  che aveva rappresentato l’Italia in ogni angolo del mondo fosse stato un fanatico fascista rappresentava un peso  assai ingombrante nel processo di  rimozione del fascismo. Per cui si cercò in tutti i modi   -  e si continua a cercare  -  di tacere o minimizzare o strumentalizzare la sua  convinta adesione.

     Che questa sia stata un’operazione politica, prima  ancora che letteraria,  non c’è dubbio. Basterebbe a comprovarlo  il giudizio fazioso di Leonardo Sciascia che in nome del proprio personale antifascismo  e col senno di poi condannerà duramente la scelta politica di Pirandello come un gesto «non certo ispirato da senso civile  e da profonda moralità» . Giudizio come si vede prettamente   politico.

     Sciascia è anche l’autore del dogma dell’assoluta inconciliabilità tra la biografia e l’opera dello scrittore agrigentino.  Balla colossale. Perché Pirandello fu fascista ma non scrittore fascista.Politica e arte  per lui erano cose ben distinte. Anzi si pose in aperto dissenso  contro  «l’arte fascista» proclamata da Mussolini nel suo discorso all’Accademia di Perugia il 5 ottobre del 1926, ritenendo che l’arte debba essere libera,  spontanea e avere un fine solo in sé stessa.    

             Ma prima di Sciascia era stato Corrado Alvaro a svilire,  con notizie  e ricostruzioni non sempre  attendibili, il fascismo di Pirandello. Ad Alvaro si deve la strumentalizzazione irriverente  delle ultime volontà di Pirandello sulle sue esequie. Per  lo scrittore calabrese costituirebbero una  beffa a Mussolini che su quel cadavere avrebbe voluto celebrare la sua apoteosi. Una balla clamorosa. Perché quelle disposizioni erano vecchie di venticinque  anni  prima! Né si può tacere l’altra balla lanciata da Vigata dal giallista Andrea Camilleri secondo  cui Pirandello rifiutò di fare il discorso ufficiale  all’atto della consegna del Nobel,  proprio per non citare Mussolini. E tutti in fila,da settant’anni a questa parte, a ripetere le stesse scempiaggini.

 


Luigi Pirandello



Pirandello definisce Mussolini "un formidabile creatore di realtà contingenti, un superbo animatore, un artefice di vita". In che rapporti erano?

 Fino al 1923 Mussolini conosceva Pirandello solo di fama. Fu il Duce a cercare Pirandello. Poco prima che il commediografo partisse per l’America, volle conoscerlo personalmente e lo  invitò a Palazzo Chigi il 22 ottobre del 1923, offrendogli per i suoi meriti artistici l’onorificenza mauriziana. Pirandello,  aveva visto di buon occhio l’ascesa al potere di Mussolini, anche perché lo riteneva un suo imitatore. Il Duce insomma aveva attuato sul versante della politica la concezione  pirandelliana della vita. I due «rivoluzionari» perciò erano destinati a incontrarsi. Mussolini addirittura, ecco una delle notizie-bomba del libro, prima ancora che Pirandello s’iscrivesse al fascio, voleva  includerlo nella lista ministeriale nelle elezioni politiche del 6 aprile 1924!  Altra notizia clamorosa  e rigorosamente inedita è che Mussolini  voleva nominarlo senatore nel 1925, ma Pirandello, dando prova di essere  un fedele e  «umile gregario» del fascismo, chiederà con una «nobilissima» lettera al Duce di non includerlo nella lista dei senatori, perché  più che da senatore sarebbe stato più utile alla Nazione portando in giro per il mondo  il suo teatro e il nome dell’Italia.

 


Mario Sironi, Ritratto di Mussolini (1943)


Una vita pubblica molto partecipata e ultime volontà sul proprio funerale davvero particolari...

 Pirandello non fu un semplice iscritto, ma un fautore del fascismo. Cioè partecipò attivamente  alla vita  politica. Basti pensare che rinnovò la tessera fascista tutti gli anni. Anche quando si trovò «in volontario esilio» all’estero. Sempre.  L’ultima (che si trova esposta alla biblioteca museo di Agrigento)  porta la data del 1936, anno della morte del commediografo. Ciò basta a sbugiardare la critica dominante, quella con le medaglie cucite sul petto, quando asserisce che Pirandello si allontanò da Mussolini e dal fascismo dopo il 1927.

    Perfino nelle sue tournées all’estero Pirandello faceva propaganda per Mussolini, intavolando conversazioni con gli  spettatori a fine recita di ogni sua commedia. Trovandosi a Parigi o a Berlino non mancava poi  di presenziare  ad ogni manifestazione o ad ogni annuale celebrazione della marcia su Roma nella locale Casa del Fascio.  Nel 1932,  il Ministero degli Esteri del Governo Fascista gli affiderà l’incarico ufficiale di  rappresentare l’Italia a Oslo per la celebrazione del centenario della nascita del poeta  nazionale norvegese Bijörnson. Nel  luglio del 1935 prenderà  posizione a favore dell’invasione delle truppe italiane in Etiopia, giustificandola come un atto di civilizzazione di quelle popolazioni selvagge e paragonando Mussolini a Lincoln.  E inoltre  il 29 ottobre sempre del 1935 si presenterà in camicia nera al proscenio del  teatro Argentina, pronunciando di fronte al Duce,  il discorso di apertura della stagione teatrale 1935-36.

Un  attivismo, come si vede, costante; mai interrotto. A fianco del fascismo.

Alla luce di questi fatti precisi e ampiamente documentati, appare  veramente ridicola la storiella che vuole che Pirandello abbia beffato Mussolini e il fascismo con le sue ultime volontà.

 


Fausto Pirandello, Ritratto di Luigi Pirandello (1936)


Nel saggio ci sono anche documenti sconosciuti. Come hai affrontato la ricerca?

 

Gli argomenti sconosciuti di questo libro? Un’ immane fatica. Ho spulciato migliaia di pagine  di quotidiani del Ventennio, come vuole ogni seria ricerca critica, per controllare, verificare notizie, raddrizzare date e ricostruire episodi,circostanze.  Tante e tante sono in questo libro le notizie che di Pirandello nessuno ha mai saputo, nessuno ha mai immaginato. Ne dico qualcun’altra che stupirà certamente. Che  per iniziativa dell’Istituto Fascista di Cultura nel novembre del 1933 Pirandello, a spese del Governo fascista, farà un giro di conferenze in Finlandia, in Norvegia, in Danimarca e in Svezia per facilitare la sua designazione al premio Nobel. Insomma il fascismo diede il suo contributo  all’assegnazione del Nobel a Pirandello!

    Il mio è stato un lavoro  durato anni. Mi ha tuttavia gratificato il fatto di avere messo a disposizione degli studiosi tante notizie ignorate e  inoltre tante  interviste interessantissime e pagine dimenticate di Pirandello che ho raccolto nell’ultimo capitolo del mio libro.

 

Alla luce di questo tuo libro quali sono gli aspetti personali e sociali nuovi che emergono della figura di Pirandello?

A fine lettura, il lettore ridisegnerà nella sua mente un ritratto insospettato di Pirandello.Non un uomo debole incapace di reagire al regime fascista, né un opportunista, come lo ha dipinto Sciascia,  ma un uomo con tanta dignità e carattere che  dichiara di essere fascista e fa davvero il fascista ma rifiuta con forza l’appellativo di scrittore fascista, rivendicando pubblicamente la propria libertà artistica in dissenso con le direttive del Duce che propugnava un’arte al servizio del regime.



Piero Meli


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