TREGUA A GAZA. FINO A QUANDO?

di Laura Bonelli

Il giornalista Gian Stefano Spoto è stato corrispondente RAI dal Medio Oriente e ha seguito il conflitto Israeliano-Palestinese precedente agli ultimi scontri di quest'anno.  Il suo libro Deserto Bianco, edito da Graphofeel pochi mesi, fa è il racconto di quello che accadde nel 2014.Gli abbiamo chiesto, come esperto, una valutazione della situazione, per cercare di capire cosa è successo in questi giorni e cosa si potrebbe prospettare nel prossimo futuro. 

 

 

L'inizio del conflitto

Cosa è cambiato rispetto all'ultimo conflitto nella Striscia di Gaza di cui parli in Deserto Bianco?

Quasi tutto identico, come quello che descrivo nel mio libro, anche se la causa scatenante di volta in volta sembra essere diversa. Io avanzo due ipotesi, anche se non pretendo di analizzare a fondo situazioni quasi impossibili da interpretare.

Dopo gli accordi di Abramo fra Israele e gli Emirati (Abu Dhabi e Barhein ) con il silenzioso avallo dell’Arabia Saudita , i palestinesi si sono sentiti traditi e hanno avuto la consapevolezza di essere molto meno considerati, nel mondo e nel mondo arabo in particolare.

In Palestina non si svolgono elezioni dal 2005, e anche questa volta sono state rinviate. Le azioni che hanno provocato la reazione israeliana  sono state intraprese da Hamas, la fazione più aggressiva, che mette davanti al fatto compiuto Abu Mazen, l’anziano leader di Fatah, il quale guida l’ala più moderata della galassia palestinese.



immagine NBC News


Per gli scontri appena conclusi una parte dell'intellighenzia ebrea occidentale e, attraverso i social, un gruppo di giovani ebrei si sono schierati a favore dei Palestinesi. Cosa sta cambiando?

Non è una novità il fatto che gli ebrei di sinistra, quelli più possibilisti e aperti nei confronti del mondo arabo, si esprimano a favore della moderazione, difendendo anche le ragioni dei palestinesi. Li ho visti, li ho incontrati: sono molto puri, idealisti, ma sono pochissimi e, nello scenario politico, non contano nulla. Qualche volta inscenano manifestazioni  pacifiche,  ma con partecipazione quasi sempre insignificante.


Ci sono degli equilibri internazionali che dipendono da Israele soprattutto per tenere a bada il Medio Oriente nei confronti dell' Occidente?

Molti Paesi occidentali sono legati a Israele, in testa gli Stati Uniti che però ondeggiano fra l’appoggio incondizionato dei presidenti repubblicani e quello dei democratici, attenti anche ai rapporti anche con i nemici giurati dello Stato ebraico, come l’Iran. Barack Obama mise addirittura un freno alla fornitura di armi a Israele, dominata dal dilagante Netanyahu, mentre l’avvento di Donald Trump ristabilì forniture e appoggi politici incondizionati. E’ però anche vero che all’interno dei Paesi amici esistono immigrati da Paesi arabi e correnti politiche e di pensiero che si oppongono alla politica espansionistica di Israele: dunque, i rapporti sono complessi, perché implicano una serie di intrecci variabili e non facili da districare. Le relazioni fra i Paesi occidentali e le nazioni arabe moderate sono dirette, anche se non si può trascurare l’asse preferenziale con Israele.

 


Da qualche giorno c’è la tregua: pensi che reggerà?

  La guerra di Gaza del 2014 fu interrotta da diverse tregue, regolarmente violate. In questo caso credo che il cessate il fuoco possa reggere, innanzi tutto perché il numero di missili lanciati da Gaza è stato così alto da immaginare che siano quasi finiti. In secondo luogo perché forse le aspettative di solidarietà da parte degli altri Paesi arabi si sono un po’ affievolite, e non solo in seguito agli accordi di Abramo. Ora ci sarà la difficile ricostruzione, con gli israeliani che sorveglieranno il valico di Kerem Shalom da cui entrano le merci, per impedire l’ingresso di tutto ciò che potrebbe servire a costruire materiale bellico. Arriveranno forniture, soldi, e si ricomincerà da capo, come sette anni fa. Poi ci si porrà (forse) il problema delle elezioni, ma , soprattutto Hamas, non ha interesse che si svolgano. E le lacerazioni che una guerra lascia sono un eccellente motivo per ritardarle ancora.

 

Gian Stefano Spoto


Nel tuo libro hai raccontato le storie della gente, la parte sofferente di qualsiasi guerra e qualsiasi fazione in cui non ci sono vincitori... E' un teatro che si sta ripetendo in modo identico?

Credo che la guerra di Gaza sia ormai una sorta di terribile rito a cadenza quasi costante, che sembra  ineluttabile quanto inutilmente cruento e devastante. Io so bene che se tornassi a Gaza rivedrei le stesse rovine e ascolterei storie molto simili rispetto a quelle che ho raccontato. Ricordando, poi,  le sofferenze da entrambe le parti, nei giorni scorsi ho notato un’analogia dolorosamente umana. In Deserto bianco racconto di un avvocato di Gerusalemme che mandava i tre figli nella stessa scuola , ma su tre autobus diversi: se un attentato ne avesse colpito uno , due dei tre ragazzi si sarebbero salvati, Ebbene, a Gaza diverse famiglie hanno diviso  e scambiato i figli con i parenti, in modo che se una casa fosse stata colpita si sarebbe salvata metà dei ragazzi degli stessi genitori, insieme con i loro cugini.Due strategie molti simili, che fanno rabbrividire

Commenti

Post più popolari