di Laura Bonelli
Un film post apocalittico ambientato nella pianura padana. La Terra dei figli di Claudio Cupellini è una vera sorpresa nel panorama cinematografico italiano. Tratto dal romanzo a fumetti di Gipi racconta un mondo che nessuno di noi vorrebbe vivere: un'umanità decimata in un luogo mefitico in cui regnano violenza e soprusi e un padre che ama a tal punto il figlio da non insegnargli nulla dei tempi felici in cui la vita era vita, ma lo istruisce alla sopravvivenza, nel modo più duro possibile. Ma non si possono fare i conti con l'anima, per cui alla morte del padre, il figlio intraprende un viaggio pieno di insidie ma anche di incontri che lo traghetteranno verso la speranza di un luogo migliore.
Il film è interpretato da attori eccellenti come Valerio Mastandrea, Valeria Golino, Fabrizio Ferracane, Paolo Pierobon, Maurizio Donadoni, Franco Ravera. Due giovani interpreti completano il cast Leon De La Vallée, il protagonista e Maria Roveran che porta in scena il personaggio che nel libro di Gipi è chiamata la schiava e nel film si chiama Maria. Un ruolo complesso, pieno di sfaccettature per un'attrice talentuosa, di grande spessore.
Maria Roveran
Cos'hai pensato della parte che ti hanno proposto, quando hai letto la sceneggiatura del film?
A dire il vero le prime riflessioni le ho mosse quando
mi arrivò il primo provino, prima di ricevere la sceneggiatura; stavo ancora
concorrendo per il ruolo di Maria che è il personaggio che interpreto nel film.
Leggendo i dialoghi delle scene che dovevo preparare mi si sono
mosse tante domande. A volte i lavori consuonano con la mia vita,
con il mio percorso in un momento preciso. E’ strano ma è così… Quel provino
mi è arrivato mentre stavo sotto a un treno a causa di una situazione personale
che mi aveva coinvolta tantissimo e che si era sgretolata da poco e c’erano di
mezzo delle condizioni che si presentavano anche nel film, per cui avevo molta
paura perché per me è più difficile recitare quando non c’è la giusta distanza...
Non sapevo bene “cosa” recitare, cosa tirar fuori ma quel personaggio toccava
delle corde potentissime che erano anche mie. Ho studiato con gran fatica e il
lavoro mi ha molto emozionato. Da lì in poi ho capito che quel personaggio in
qualche modo mi riguardava, è stata una chiamata, non come fatto mistico… o
forse sì, può esserlo, ma molto concreto. Credo che questi provini si vincano
quando c’è una corrispondenza spirituale con il personaggio che si va a interpretare,
non tanto fisica, tant’ è che fisicamente ero più grossa di come sarei dovuta
essere in scena; ho dovuto fare una dieta, rasarmi i capelli. Ho pensato che
Maria fosse un’ottima occasione per dare voce alla fragilità e alla grande
forza di una giovane donna quale è il personaggio che interpreto (che
fatalmente porta il mio nome… per cui qualcosa di speciale si è andato ad
allineare…)

Maria Roveran in una scena del film La Terra dei figli
Come hai affrontato questo ruolo?
Questo ruolo l’ho affrontato mettendomi a nudo in tutti
i sensi. A volte noi attori partiamo da questioni tecniche (la voce, il corpo…)
In realtà è stato un lavoro osmotico tra il lato tecnico e il lato emotivo,
riflessivo, di studio profondo. Ovviamente c’è la trasformazione che ho dovuto
fare sul mio corpo, una
dieta non meramente estetica, ma la trasformazione messa in atto per
interpretare.Mi sono predisposta a un ascolto
di tipo diverso. Riflettevo proprio l’altro giorno sul fatto che cambiare forma
a volte significa cambiare sostanza. Il fatto stesso di essere quasi sempre
nuda nel film, rasata a zero con delle cicatrici in testa dava un’immagine
particolare. C’è stato però anche un lavoro molto sottile, un travasare il
piano emotivo nel fisico e viceversa. E’ stato intenso ed è continuato lungo
tutto il corso delle riprese. Con Claudio avevamo già lavorato dai
primi provini e poi anche sul set. Mi
sentivo pronta, anche se con mille dubbi, ma allo stesso tempo in linea
rispetto a quello che andavo a rappresentare.

Il tuo personaggio riesce a mantenere una luce interiore nonostante l'orrore che vive. Ti sei ispirata a qualcosa o qualcuno per realizzarla?
Di base nei miei lavori cerco sempre di avere un’immagine
reale. In questo caso era molto difficile… non riuscendo ad aggrapparmi a
nessuno di conosciuto ho lavorato di immaginazione, nel senso più potente del
termine. Ho cercato di portare in scena un tipo di umanità che esiste, che vive
in condizioni di grande precarietà subendo soprusi e violenze. Ho lavorato sul
fatto concreto di stare in gabbia ed essere trattata come una bestia.
Ricordiamoci che al mondo esistono moltissime persone che vivono così
purtroppo. Mi sono documentata e poi ho
lasciato agire la parte emotiva. La luce di cui parli ha a che vedere con un
concetto di fede non confessionale ma legata alla vita della terra, della
natura, talmente profondo e animale che io intendo come fede pura. Maria è una
giovane che in maniera animale crede e
lotta, senza urlare, usando la violenza solo per difendere.
Com'era il clima sul set?
Se per clima intendi quello meteorologico è stato
difficilissimo! Abbiamo sfidato le intemperie peggiori, a livello psicofisico è
stato davvero difficoltoso sia per noi attori che per la troupe. Stare nudi, al
freddo in condizioni precarie, con forti escursioni termiche è terribile. Abbiamo girato
sul Delta del Po, in una zona molto umida e fredda nella stagione peggiore
della Laguna di Chioggia. Un territorio che non avevo mai vissuto in questa
maniera, con acquazzoni tremendi e bufere di neve. Alcune location sono venute
meno a causa dei nubifragi che ci sono stati a fine 2019 in Veneto e noi
eravamo lì in mezzo. Però l’unione fa la forza e in certe occasioni in cui il
corpo e la testa sono messi a dura prova arriva un livello successivo,
superiore, più elevato di energia che
spinge tutti a tirare fuori un’adrenalina che aiuta a superare queste
situazioni. Il clima personale e umano invece è stato splendido,
particolarmente positivo per gli attori. Tutti hanno messo in gioco se stessi
creando una sinergia potente.
Nel film c'è un pezzo che poi è diventato una canzone. E' un brano scritto ad hoc per il film o l'avevi già?
Nel film c’è una filastrocca che ho scritto e che
recito canticchiando in una scena del film. Da questa filastrocca ho poi
composto una canzone, stando sul set. L’ho scritta da personaggio, per far
venire fuori il carattere che interpreto. E’ uscita in questi giorni, s’
intitola Terra che trema e una frase della canzone è Terra che trema è di terra
ancora. Questo brano parla della
vitalità dei contrasti in natura. Quello che noi definiamo buono o cattivo in
natura non c’è, perché esiste solamente la natura. Quando la terra trema è tremendo però dichiara
comunque la sua vitalità, anche nell’orrore. Questo è quello che succede anche
nel film: passando attraverso delle situazioni agghiaccianti, un seme di
speranza e vitalità poi viene alla luce. E’ nel momento di buio che dobbiamo
credere che ci sia la vita.
Sei impegnatissima sia come attrice che come cantautrice. Quali sono i tuoi prossimi programmi?
Al momento sono impegnata a tornare in attività
rispetto allo scorso anno, dettato da difficoltà notevoli soprattutto nel mondo
dello spettacolo. Oltre alle presentazioni del film, ho dei concerti in
programma, a settembre uscirà il disco che ho prodotto insieme a Joe Schievano,
che è interamente dedicato ad una lingua che sta per scomparire, il cimbro. Sempre
a settembre presenteremo un lavoro
audiovisivo legato a Dante al Parma International Music Film Festival prodotto
dall’ Associazione Tadàn dal titolo Verba sonant. Questo è un periodo di grande
vitalità e c’è la necessità di mettere tutto in gioco; quello che non vorrei
abbandonare è la coscienza che ho acquisito durante il periodo di stasi, ovvero
un’attenzione per il benessere nei confronti di chi mi circonda oltre che al mio. Se
lo stimolo di propulsione diventa iper reazione non sto bene. Desidero rimanere
in ascolto.
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