Where I belong, il nuovo album di J. Sintoni esce in vinile
di Laura Bonelli
J. Sintoni è innamorato dei suoni della vecchia America. Chitarrista eccellente dalla voce particolare e inconfondibile trasmette il blues e il country come pochi altri in Italia sanno fare.
Anche oltreoceano venne notato, sin dal suo primo album, The Red Suit pubblicato nel 2007 che entrò nella Top50 della Roots Music Reports, la classifica dei migliori 50 album blues negli USA.
Where I belong, il suo ultimo lavoro per l’etichetta Go Country Records, è da poco uscito anche in vinile. Quindici brani che proseguono idealmente il lavoro iniziato nel 2017 con l’album Relief e proseguito poi nel 2021 con Backroads e l’anno successivo con Pickin’ on the Ridge.
Com'è nato il progetto di questo album?
L'idea era quella di riprendere il discorso iniziato con "Backroads" che è un album di collaborazioni a distanza, forzata visto che è stato registrato nella primavera del 2020.
Sempre sonorità acustiche ma in questo caso ancor più scarne e il coinvolgimento di amici musicisti coi quali abbiamo registrato in presa diretta. Con alcuni di loro avevo suonato in passato, altri erano già stati ospiti nei miei dischi e altri ancora li conoscevo e mi piaceva il loro stile ma non avevamo mai collaborato prima. Sono riuscito a mettere insieme dieci ospiti molto diversi tra loro il cui contributo ha reso l'album variegato pur nella sua semplicità.
Ora esce anche il vinile, cosa ti ha spinto verso questa scelta?
Era già successo con "Backroads" che l'anno successivo alla sua pubblicazione il disco uscisse anche in vinile. Insieme all'etichetta Go Country Records anche per "Where I belong" abbiamo deciso di provare a fare la stessa cosa perché seppur con una certa difficoltà i vinili soprattutto ai concerti si vendono. Tralasciando il discorso sulla qualità, la percezione che si ha all'ascolto di un CD rispetto ad un vinile e ad un presunto ritorno della moda dei 33 giri credo che sia un oggetto più bello, rivolto soprattutto a chi la musica ama anche toccarla e non soltanto ascoltarla.
Un album in cui la nostalgia è molto presente nelle sonorità...
Il sound di un album è la somma delle canzoni che lo compongono. Se uno dei sentimenti predominanti in "Where I belong" è la nostalgia probabilmente è perchè oggi, a cinquantanni, questa prevale su altri sentimenti ed è inevitabile che influenzi il mio modo di scrivere e le sonorità delle canzoni.
Come hai lavorato sulle tue canzoni? Sono nati prima i testi o la musica?
Raramente scrivo prima i testi, di solito suono e quando ho qualcosa che gira bene inizio a pensare ad una melodia e al testo che può nascere da zero o dall'elaborazione di idee, frasi o pensieri che mi appunto nel tempo e poi vado a recuperare. Come ogni musicista ho un metodo fatto di piccole regole e improvvisazione. Ho scritto un centinaio di canzoni e ne ho pubblicate più di sessanta, credo che l'approccio che uso funzioni per me e questo è ciò che importa. Passo anche periodi in cui non riesco a scrivere ma fortunatamente alla fine le idee trovano me. Nell'album c'è un brano che si intitola "Until I run out of songs", finché non finisco le canzoni vado avanti.
In questo disco c'è una collaborazione eccellente con cui hai un connubio musicale da molti anni: Grayson Capps.
Io e Grayson ci conosciamo dal 2008 ed è stato fondamentale per il mio percorso musicale degli ultimi quindici anni. La stima per lui va oltre l'amicizia che ci lega e averlo ospite in un mio disco era una cosa che desideravo da tempo.
Hai in programma un tour?
Spero di suonare dove e quando ci sarà occasione. Che al giorno d'oggi è già un programma ambizioso.
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