UN ALTRO PUNTO DI VISTA SUGLI EVENTI IN AFGHANISTAN. INTERVISTA ALL'EX CORRISPONDENTE RAI PER IL MEDIO ORIENTE GIAN STEFANO SPOTO

 di Laura Bonelli

Gli ultimi eventi accaduti in Afghanistan dopo il ritiro delle truppe USA e la repentina presa di potere dei Talebani stanno avendo grande eco in tutto l'Occidente. Per avere una visione più chiara abbiamo chiesto a Gian Stefano Spoto, giornalista, scrittore, che per diversi anni è stato corrispondente e responsabile dei servizi giornalistici radiofonici e televisivi Rai dal Medio Oriente.


Foto India Today


Credo che la domanda che un po' tutti si stanno facendo è perché il presidente Biden abbia deciso di ritirare l'esercito...

Nel maggio del 2014  il presidente Obama aveva annunciato la propria intenzione di ritirare le truppe dall’Afghanistan fra il 2015 e il 2016, affermando che quel Paese non è un luogo perfetto, ma che non è responsabilità americana renderlo tale. Però  in novembre autorizzò missioni di guerra contro i Talebani e altri gruppi, facendo anche uso dell’aviazione e di caccia-bombardieri.

Comunque, l’idea della ritirata ha sette anni, e siccome anche le spese militari sono a bilancio, è logico chiedersi se a fronte dei mille miliardi di dollari spesi sia arrivato anche un minimo risultato. Bloccare temporaneamente l’irrequietezza di un Paese lontano non vale la spesa, soprattutto se questo Paese vive nel torpore indotto dall’occupazione, ma  non cambia e non cambierà. Dunque, Biden, che non si discosta, in questo, dalle intenzioni del suo predecessore Trump, potrebbe aver concordato un ritiro quasi incruento, anche per lanciare segnali rassicuranti.

La politica si fa con i sondaggi, e certamente Biden sa che gli americani sono stufi di spendere soldi per Paesi di cui ignorano persino l’ubicazione.

 

 

Foto TRS world


Tu hai seguito le vicende politiche dell' Afghanistan quando eri corrispondente RAI per il Medio Oriente. Com'era la situazione e che scenario si sta proponendo adesso?

Io partii per la mia corrispondenza Rai dal Medio Oriente nel luglio 2014, una settimana dopo l’inizio della guerra di Gaza.

In Italia, lo spazio per gli Esteri è risicato,  le notizie vanno accuratamente selezionate prima di salire agli onori della cronaca. E, in quel momento non c’era posto se non per il conflitto che si affacciava sulle rive del Mediterraneo. Dunque, l’Afghanistan appariva come routine.

Ora, come accade per qualsiasi avvenimento, si sprecano le conclusioni frettolose e non supportate . L’opinione pubblica è diventata un’indignata permanente , e, ad esempio, si preoccupa per il destino delle donne afghane. Si crede forse che sarà diverso rispetto a quanto avviene in tanti altri Paesi islamici? O forse la concessione della patente di guida alle donne saudite, con possibilità di guidare addirittura da sole, appare un’apertura all’Occidente a chi psicologicamente è convinto che Paesi islamici ricchi e dorati siano meno claustrofobici dei Paesi poveri e rozzi?

L’occhio di bue è quel faro che illumina una persona o un oggetto alla volta, escludendo tutto il resto. Il dito e la luna è un’immagine ormai entrata in un frasario mediamente evoluto. Ebbene , il dibattito social, ormai prevalente sull’informazione professionale,  è  improntato a questi due concetti devianti. E tutti si sentono maestrini di civiltà e di bon ton internazionale traendo conclusioni senza sapere su cosa.

Strappo forse un triste sorriso raccontando il dialogo Facebook fra una donna che chiede a un’ex giornalista di una minuscola televisione come si possano aiutare le donne afghane. La risposta : noi donne dobbiamo rimanere in contatto con il Comune, la Provincia, la Regione. Per senso della misura non ha ricordato il Quartiere, forse è lì la soluzione per Kabul?

In passato qualcuno importante ha persino detto che gli Stati Uniti, invece che spenderli in azioni militari, avrebbero dovuto investire soldi in Afghanistan , facendo diventare ricco questo Paese: credono nell’economia di mercato applicata a una terra del genere? Con capitali da investire affidati a chi?

E poi, una cultura  tanto diversa dalla nostra, perché dovrebbe plasmarsi su regole occidentali esecrate da quelli stessi che poi vorrebbero universalizzarle?

Piaccia o non piaccia i Talebani  sono afghani, l’Occidente occupa con la forza. E  questo non porta a niente.

Quanto al ruolo della Cina, che si è affrettata a lodare il popolo afghano, mi sembra presto per trarre conclusioni: business is business anche in questo campo, e i cinesi non hanno mai avuto soldi da buttare, li hanno sempre messi a frutto. E agli afghani servono aiuti economici, non plausi. Vedremo gli sviluppi.

 

Foto Business Insider


Con la fuga repentina delle istituzione afghane non c'è il rischio che si ripresenti una situazione simile allo Stato Islamico d'Iraq di Abu Bakr al-Baghdadi?

Il rischio ci può essere, ma ci devono essere i presupposti perché questo avvenga. I rapporti fra Islam e mondo occidentale sono diversi da Paese a Paese, da regione a regione, le variabili sono infinite e il mosaico è vario, anche se disegna quasi sempre alleanze economiche, raramente culturali.

D’altra parte, proclamare un emirato islamico è un messaggio quasi automatico, ma gli sviluppi reali di tutto questo possono essere inimmaginabili, nel male ma , forse, nel meno peggio. Nel senso che il nuovo corso, soprattutto in caso di accordi sotterranei.  potrebbe persino non avere conseguenze troppo gravi all’esterno del Paese, anche se il momento della concitazione, quello dei drammi dei fuggiaschi, delle inevitabili perdite di vite umane, colpisce tutti noi.

 

Molto spesso l'attenzione viene catalizzata su un evento di grosso impatto per rendere meno visibili altre notizie. E' possibile intrepretare quanto sta succedendo anche con questo risvolto?

La rapida sequenza degli avvenimenti inquietanti nel mondo e, comunque, la presenza di una pandemia che ancora non è stata affatto debellata , fanno sì che l’attenzione sia sempre molto, molto mobile.

Francamente non capirei che senso avrebbe avviare un’operazione così netta e vistosa al solo  scopo di deviare per un po’ gli interessi del mondo. Ma io sono un giornalista, non uno stratega.

E tanto meno possiedo una palla di vetro.


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