EXAMERON - DEM. RICOMINCIARE CON L'ALZHEIMER SI PUO'. INTERVISTA AL DR. STEFANO SERENTHA'

di Laura Bonelli

Stefano Serenthà è medico specializzato in Geriatria presso l’Università degli Studi di Milano dal 2000, svolge attività di consulenza presso strutture geriatriche ed è formatore in area geriatrica per operatori e familiari. Il suo libro Exameron-Dem. Ricominciare con l' Alzheinìmer si può è un percorso per la cura della persona con demenza ispirato ai sei giorni della Creazione. Si tratta di un manuale pratico con interessanti spunti di introspezione per i familiari o gli operatori che hanno la difficile mansione di avere in carico un malato di Alzheimer.






Com'è nata l'idea di coniugare un progetto di cura e supporto con i sei giorni della creazione?

Da un po’ di tempo stavo raccogliendo idee per un testo che potesse dare informazioni pratiche e orizzonti di senso a operatori e familiari di persone affette da Alzheimer o altre forme di demenza quando, su consiglio di un’anziana paziente, mi sono trovato a leggere un bellissimo libro di Fabio Rosini sulla Creazione e ne sono rimasto affascinato. Mi sembrava che buona parte delle idee che avevo raccolto trovasse la sua logica e ordinata sistemazione dentro lo schema, incredibilmente perfetto, dei sei giorni della Creazione del mondo così come raccontati nel primo libro della Genesi.
E’ nata l’idea di Exameron – i sei giorni, appunto – che non solo ha accompagnato lo svolgersi del libro dando ordine, concretezza e facilità di memorizzazione a tutti i passaggi proposti, ma è diventata anche lo spunto per il sito di formazione e condivisione di spunti nato durante il periodo di lockdown del 2020 (www.exameron.it).
Per il popolo ebraico il racconto della Creazione costituiva un vero e proprio paradigma da porre all’inizio di tutto, come modello di riferimento da tradurre poi nelle circostanze concrete: proprio quello di cui ha bisogno chi si trova ad accompagnare una persona affetta da demenza nel suo cammino!
I sei giorni in cui si articola il libro ci richiamano a un percorso che richiede passaggi concreti e tempi che vanno rispettati.
Il cammino dal caos del primo giorno fino alla creazione dell’uomo nell’ultimo – passando attraverso la comparsa della luce, la divisione delle acque e tutti gli altri passaggi della Creazione - accompagna dalla devastazione del momento della diagnosi sino alla possibilità di ritornare a riconoscere la persona nella sua verità anche nei cambiamenti dovuti alla malattia, dando non solo preziose indicazioni pratiche, ma anche un percorso di senso che una lettura anche “laica” del racconto della Creazione accompagna in modo mirabile.


Essere a fianco di ogni tipo di malattia è impegnativo ma con l'Alzheimer è davvero necessario fare un lavoro su se stessi...

Spesso, soprattutto in malattie complicate come le demenze, ci aspettiamo una soluzione “magica” dal di fuori: la medicina giusta, il medico bravo, la badante perfetta, una struttura gestita bene… eppure in tanti anni di attività in ospedale e al domicilio delle famiglie colpite dall’Alzheimer ho imparato che se ne viene fuori soltanto se ci si lascia coinvolgere nel percorso, con competenza e umiltà.
Si tratta di patologie che colpiscono inevitabilmente non solo la persona malata, ma anche tutto il suo contesto vitale, che ne rimane inevitabilmente condizionato. Se non c’è la capacità di prendersi cura nel senso più completo e vero del termine – oserei dire, sottovoce ma con convinzione, anche come momento di possibile crescita spirituale – la fatica rischia di diventare frustrazione.
Il titolo del libro nasce proprio da quest’idea: tante volte di fronte a queste diagnosi ci si chiede come “tirare avanti”, come sopravvivere alla tragedia, mentre la forza viene dalla capacità di “ricominciare” (che è ben di più del solo “ripartire” da dove mi ero fermato) rimettendo in discussione anche piccole certezze per trovare un orizzonte diverso.
Sembra incredibile, ma ho conosciuto molte persone che, dopo avere accompagnato un loro caro in questo percorso, si sono riscoperte più ricche e capaci di mettere al centro valori diversi.



William Charles Utermohlen W9 (1990)


 Il percorso di Exameron mi pare sia un percorso molto pratico, anche se ha basi filosofiche o simboliche...

Sì, l’idea di fondo di tutti i percorsi formativi proposti come Exameron è riassunta nel motto del sito: RI-CREARE LA FORMAZIONE, cioè pensarla in modo nuovo e renderla al contempo momento di benessere e motivazione.

Nel pensare il testo da pubblicare ho sempre cercato di evitare da un lato le digressioni scientifico-filosofiche fini a se stesse che troppo spesso troviamo in chi si occupa di demenze a livello scientifico e ignora la concretezza dei problemi di chi quotidianamente vive a contatto con la malattia, ma dall’altro anche il rischio, altrettanto insidioso, di cedere ai facili elenchi di regolette e consigli buttati lì senza contesto, altrettanto fini a se stessi, che banalizzano la profondità dell’impegno di cura in una specie di “libretto di istruzioni” da applicare in modo automatico.

Tutti i consigli pratici presentati nel testo – raccolti anche visivamente nello schema perfetto dei sei giorni della Creazione – nascono da una riflessione che aiuti a capirne il senso e a motivarne l’applicazione, così che la crescita di competenza teorica possa essere immediatamente sperimentata nella pratica.


"Ogni uomo, anche se affetto da demenza, ha bisogno di sentirsi utile e valorizzato in quello che è in grado di fare per incidere sulla realtà". Quanto è importante questo stimolo?

Credo sia importante per ogni uomo indipendentemente dal contesto in cui si trovi, ma per una persona affetta da Alzheimer acquista un significato particolare, perché uno dei rischi più insidiosi – talmente sottile da passare spesso inavvertito finché il danno compiuto non è ormai troppo grosso – è quello di considerare la persona affetta da demenza solo come un malato da proteggere ed aiutare, negandogli tutta la soddisfazione e la dignità di poter essere ancora una persona in grado di fare quello che sa fare.

Ci sono molti stadi di evoluzione e solo nelle fasi terminali la persona ha effettivamente bisogno di tutto. Prima, è ancora in grado di esprimere se stessa in vari modi e sono convinto che il modo migliore per far sentire viva una persona sia farle toccare con mano la possibilità di lasciare un segno, di incidere in qualche modo sull’ambiente e le persone che le stanno intorno.
A volte bastano anche piccoli spazi in questa direzione – ricordo una signora molto anziana che mi diceva “non riesco più ad aiutare in casa, non mi fanno fare più niente perché sbaglio tutto, ma quando faccio questa faccia buffa faccio ridere il mio nipotino e allora mi sento ancora me stessa” – per far sentire viva una persona che altrimenti si sente schiacciata dalla sua inutilità, anche se accudita con tutte le attenzioni.
Assistere senza rispettare gli spazi di valorizzazione della persona ammalata per quello che è e che fa può creare subdolamente molti danni senza che ce ne si renda conto, per questo credo sia prezioso parlarne.


 La parte finale del libro è dedicata ad esercizi psicologici pratici per allenarsi a dare concretezza ai suggerimenti del testo valutare la propria integrità. Mi ha molto colpito questa frase: "Scrivo un elenco di 4-5 benedizioni che hanno aiutato me e altre 4-5 benedizioni che hanno aiutato la persona con demenza vicino a me a vivere davvero e provo a ringraziare – a voce o per iscritto - chi ne è stato tramite." Quanto è importante riconoscere che nella vita esistono delle benedizioni quotidiane, anche nei momenti più duri?

Nel quinto giorno della Creazione Dio, dopo avere creato i primi esseri viventi nelle acque e nei cieli, “li benedisse”.
Di fronte alla demenza e ai deficit che essa causa nei nostri cari la prima tentazione è sempre quella di “male-dire”: maledire la malattia, i suoi sintomi, il tempo che manca per fare tutto, le persone che non ci aiutano come vorremmo e mille altre cose ancora.
Eppure, quando rinunciamo a lamentarci di quello che non c’è più e ci scopriamo capaci di “bene-dire” diventiamo più capaci di vedere quello che c’è e che magari era solo nascosto.
La libertà, la vita, la creatività nascono da quello che c’è, così com’è, con i suoi limiti che lo definiscono e non da quello che ci piacerebbe ci fosse o ci fosse ancora: la benedizione del quinto giorno del percorso è un invito alla fecondità (“Siate fecondi e moltiplicatevi”), è la strada per vivere, far vivere l’altro e... crescere.
Per far nascere cose buone dalla persona affetta da Alzheimer che abbiamo di fianco possiamo cominciare amando quello che è per come è, senza rimpiangere quello che non è più.
Allora, esercitarsi a riconoscere le benedizioni – che ci sono, anche se non sempre le vediamo distintamente – e a ringraziare le persone che ce le hanno mostrate, magari senza nemmeno saperlo, può aiutarci a trovare un equilibrio migliore nel nostro percorso di cura ma anche a rendere più fecondo il cammino percorso vicino ad una persona affetta da demenza.
E non è poca cosa!




Stefano Serenthà





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