I CATARI E LA CIVILTA' MEDITERRANEA DI SIMONE WEIL



di Laura Bonelli




POSSIAMO ESSERE RESI MIGLIORI
 
SOLO DALL’INFLUENZA SU DI NOI 

DI CIO’ CHE E’ MIGLIORE DI NOI. (Simone Weil)








Non c’è dubbio alcuno che il pensiero di Simone Weil sia stato uno dei più alti e cristallini del ‘900 e anche in un piccolo saggio come I catari e la civiltà moderna (Marietti 1820 – a cura di Giancarlo Gaeta) non si può far a meno di trovare riflessioni di ampio respiro e davvero di un’attualità sconcertante.

Partendo dal concetto di oppressori e oppressi la Weil approfondisce il tema del progresso e ne smonta la struttura:

“Per secoli siamo vissuti sull’idea di progresso. (…) La si è creduta associata alla concezione scientifica del mondo, mentre la scienza le è contraria come la filosofia autentica. Questa insegna, con Platone, che l’imperfetto non può produrre qualcosa di perfetto né il meno buono qualcosa di migliore.”

La sua riflessione storica va a ritroso fino all'antica Grecia e affronta il tema della distruzione e ricostruzione dei popoli.

I catari diventano fulcro per ragionare sulla violenza, sul sopruso verso ciò che è diverso, sulla paura che porta ad annientare anziché comprendere. La storia infinita di questo mondo che sembra continuare a riproporsi anche nella società odierna.


Simone Weil

In appendice la Chanson de la croisade albigeoise in originale e con traduzione a fronte di Andrea Fassò e un’interessante e approfondita nota di Gian Luca Podestà.



Simone Weil (1909-1943), scrittrice e filosofa francese di famiglia ebraica, abbandonò l’insegnamento di Filosofia nei licei per vivere direttamente la vita di fabbrica. Allo scoppio della guerra civile spagnola intervenne sin dall’inizio a fianco del Fronte popolare e, al rientro in Francia, maturò una crisi religiosa che la avvicinò al cristianesimo. Emigrata con la famiglia negli Stati Uniti e poi in Inghilterra, militò a fianco delle autorità in esilio della Resistenza francese.

Commenti

Post più popolari