KIPLING RACCONTA SHAKESPEARE: COME È NATA "THE TEMPEST"

di Fabiana Errico

Lo statunitense Harold Bloom è autore di un fortunatissimo volume dal titolo Il Canone Occidentale (The Western Canon, 1994). Con il termine canone occidentale si indica l'insieme delle opere letterarie che hanno fondato la letteratura occidentale. Il critico letterario americano, considera Shakespeare il perno del canone, il metro di misura che permette agli altri autori e alle loro opere di entrare nell’Olimpo dell’immortalità letteraria. 
Le femministe e le minoranze in generale avrebbero certamente da ridire sul fatto che sia un uomo bianco e occidentale, Harold Bloom per l'appunto, a decidere che un altro uomo, altrettanto bianco e occidentale, il Bardo dell'Avon, decreti come e chi considerare immortale, ma non è questa la sede giusta per una argomentazione approfondita sulla questione. Certo è che non servono studi e ricerche per considerare William Shakespeare lo scrittore senza tempo, colui che come nessun altro ha saputo raccontare l'animo umano senza alcuna distinzione di genere. 
Tra le commedie del grande drammaturgo inglese, The Tempest rimane forse una delle opere più controverse e particolari, giunta alla fine di una lunga carriera artistica e che molta critica considera un testamento, un congedo dalle scene. 


La Tempesta presenta una grande ricchezza di elementi: sogno e magia innanzitutto - elementi che la rendono peculiare rispetto alla produzione precedente - e poi ancora intrighi, complotti, sortilegi e desiderio di vendetta. Sono state molte nei secoli le riscritture e le reinterpretazioni di questo testo straordinario che tanto ha affascinato il pubblico e su cui molti si sono interrogati riguardo l'origine e le fonti da cui Shakespeare avrebbe tratto ispirazione. 
Rudyard Kipling, autore di opere indimenticabili come Il libro della giungla e Capitani coraggiosi, si è espresso al riguardo e il 2 luglio del 1898, ha inviato una lettera al direttore della rivista The Spectator per esporre la sua posizione in merito al dibattito in corso sulle vicende che avrebbero destato l'immaginazione di Shakespeare, già di per sé molto vivace.  
La lettera è stata accuratamente tradotta da Sara Grosoli, esperta di letteratura vittoriana, e pubblicata in Italia col titolo di Come Shakespeare giunse a scrivere la Tempesta (Oligo Editore, 60 pagine, € 12) preceduta da una lunga introduzione di A.H. Thorndike, del 1916 che aiuta il lettore ad addentrarsi nel tema attraverso una ricostruzione dello scenario dell'epoca shakespeariana.
Secondo Kipling, l'ipotesi più accreditata è che il drammaturgo inglese abbia dato ampio spazio al suo estro traendo ispirazione dai racconti di un marinaio inglese che, trovatosi in una taverna e avendo alzato un po’il gomito, si sarebbe lasciato andare a racconti di un naufragio ricco di particolari, con atmosfere dalle sfumature magiche che tanto ricordano quelle della Tempesta.  Effettivamente un naufragio in quel periodo c'era stato ed è storicamente documentato: una flotta diretta in Virginia avrebbe fatto naufragio nei pressi delle isole Bermuda. La vicenda, poi, ha avuto un lieto fine, non essendo state registrate perdite di vite umane e se ne è a lungo parlato quando Shakespeare era in piena fase creativa.
È questa la verità? Saranno veramente andate così le cose? Difficile stabilirlo con certezza, come è poi difficile parlare con certezza delle vicende della vita di Mastro Shakespeare, tutt’oggi avvolte nel mistero. Forse, quello del Bardo è un atteggiamento tipico di chi è abituato a cogliere l'essenza delle cose, sia dai racconti sia dalla vita che lo circonda: sa sentire, percepire, rielaborare e far proprie le storie dell’umanità. 
La Tempesta ancora oggi si conferma un viaggio interiore in cui ciascuno trova il proprio posto, anche il pubblico. 

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