TINA ANSELMI, LA RAGAZZA DELLA REPUBBLICA. INTERVISTA ALL'AUTRICE CHIARASTELLA CAMPANELLI

 

di Laura Bonelli

La vita di Tina Anselmi, prima donna a ricoprire la carica pubblica di ministro in Italia, viene raccontata da Chiarastella Campanelli nella biografia romanzata edita da Graphofeel "Tina Anselmi - La ragazza della Repubblica".

Un libro che narra un pezzo fondamentale della storia italiana di cui la Anselmi ebbe parte attiva e decisionale. La seconda guerra mondiale, le lotte per la parità delle donne, l'omicidio di Aldo Moro, la P2 sono alcuni degli eventi che hanno scandito la vita politica e personale di questo importante personaggio.

CHIARASTELLA CAMPANELLI, romana, è laureata in Scienze politiche. Ha conseguito un baccalaureato in lingua araba e islamistica. Dal 2008 è direttrice editoriale della casa editrice il Sirente, per cui ha curato due collane dedicate alla

letteratura araba e migrante traducendo alcuni volumi. Nel 2021 ha pubblicato un romanzo per bambini. Il mistero di Pyrgi. Avventura tra gli Etruschi (Dalia edizioni).





Come è nato il progetto di questo libro?

Un po' di tempo fa mi capitò tra le mani un libretto pubblicato da Edizioni di Comunità “Nessuna persona è inutile” raccoglieva alcuni discorsi e interviste di Tina Anselmi. Nella conclusione della sua Lectio Magistralis, tenuta alla Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento nel 2004, diceva appunto Nessuna persona è inutile, c’è bisogno di ciascuno di voi! Sembrava un monito, un incoraggiamento che volgeva verso l’inclusione, parole assertive che ho trovato forti in un momento storico che, a mio avviso, è molto individualista e propone un messaggio inverso e scoraggiante, soprattutto verso i giovani. Ho pensato quanto fosse importante risentire voci come quella dell’Anselmi. Poi in occasione di una fiera parlando con l’editore Graphofeel, che sapevo da anni impegnato a proporre biografie di persone meritevoli, è venuta l’idea di questo romanzo. La scrittura è una sfida per proporre o riproporre messaggi che riteniamo importanti. 


 Partiamo dal titolo: perché La ragazza della Repubblica?

“La ragazza della Repubblica” era un appellativo, con cui affettuosamente la chiamava Sandro Pertini. Questo soprannome che Pertini le aveva dato, mi è piaciuto subito, perché nonostante l’età che aveva Tina quando è stato coniato, le conferiva tutta la freschezza del suo essere. Una persona che, a dispetto del passare degli anni, non aveva mai perso la trasparenza e la lealtà, in genere propri della giovinezza, l’aderenza a principi che si erano mantenuti invariati. Inoltre, il termine “ragazza” associato a “della Repubblica” dava un inevitabile senso di appartenenza alla Repubblica, un concetto che Tina aveva già dentro di lei a partire dagli anni della Resistenza, ma anche di colei che lottava per il benessere della Repubblica. In sostanza un epiteto che si abbinava a pieno con il modo di essere di Tina Anselmi.


In che modo hai affrontato la ricerca sulle fonti?

Il libro è scritto con una linea temporale cronologica, seguendo i fatti, la ricerca sulle fonti è andata quindi per tappe. Per ogni periodo di vita che stavo trattando facevo prima un approfondimento generale, quindi sulle vicende storiche, politiche e culturali che attraversa l’Italia prevalentemente ricercate su testi, documentari e testimonianze. Poi scendevo nel particolare della vita di Tina, questo dato personale l’ho rintracciato in prima istanza dagli scritti di Tina Anselmi, poi gli scritti su di lei; quindi, dagli audiovisivi contenenti le interviste a lei fatte e infine dalle testimonianze dirette: di persone a lei molto vicine, con cui aveva vissuto o lavorato. Il lato più difficile da ricostruire è stato chiaramente quello della donna che era dietro il personaggio pubblico, il suo lato privato, le impercettibili emozioni, gioie o tristezze che ognuno di noi ha e che passano come un lampo, chiare alle volte solo a chi le sta vivendo. E lì allora, dai vari elementi che avevo sul tavolo, è entrata comprensibilmente in gioco la mia sensibilità. 


Chiarastella Campanelli


Che aspetto della sua personalità ti è piaciuta di più?

Sono diversi i lati della sua personalità che ho molto amato e l’essenza sta in un connubio tra forza e sensibilità. Innanzitutto, quindi la sua personalità combattiva, come di colei al timone di una barca che attraversa la tempesta, che anche di fronte alle sfide più difficili non ha ceduto e ha trovato i mezzi interiori e esteriori per raggiungere ciò in cui credeva veramente. Tina era una persona ottimista e lungimirante, aveva fiducia in un domani migliore, questo la rendeva battagliera e forte.

Ho amato il suo lato di animo nobile che stava nell’accoglienza e nella tolleranza verso l’altro, anche di chi la pensava diversamente da lei e non perché se ne sentisse superiore, ma perché in uno sforzo di comprensione capiva che ognuno a suo modo ha qualcosa da dare e che questo è un arricchimento personale.

In ultimo mi è piaciuto il suo particolare rapporto con la natura, vissuta vivacemente fin da quando era bambina, una natura compagna di giochi che a ogni passo destava la meraviglia e che poi da adulta è diventata spazio rigenerativo, dove ritrovare le forze e ricaricarsi.

 

Nella sua carriera politica ha dovuto affrontare vicende difficili e controverse... Cosa hai pensato nel raccontarle?

Scrivere di un personaggio, ma forse scrivere in generale, implica uno sforzo interpretativo, come quello di un attore a teatro, creare una forte empatia tra te e il tuo personaggio, quasi come, sebbene solo immaginativamente tu vivessi quelle stesse situazioni. Quindi scrivendo in generale si attraversano vari stati emotivi su un livello chiaramente diverso dalla realtà. Quando ho affrontato i suoi momenti difficili cercavo di sentirmi nel personaggio e di provare tutta la fatica o a volte il dolore che avevano potuto arrecare alla sua persona. Quello che ho pensato è che doveva essere veramente forte per aver vissuto tutto ciò che ha vissuto, senza sedimentare il rancore, la vendetta o la rabbia che altre personalità avrebbero avuto. Penso che dentro di lei le vicende, le sofferenze si pareggiavano nell’idea del giusto, si acquietavano nella fiducia che possiamo sempre costruire per il bene e che c’è sempre speranza se siamo vigili e persone di azione che incidono sul loro presente. Tina era una persona sorridente alla vita, attraversava il male con la coscienza di chi sa che con la sua forza riuscirà a contrastarlo, anche a discapito di sé stessa, se necessario. C’è una frase, tra le sue tante che è molto bella “La verità possono cercarla solo quelli che hanno la capacità di sopportarla”.


Secondo te che messaggio lascia ancora oggi il personaggio pubblico Tina Anselmi?

Innanzitutto, credo che personaggi di valore, come quello di Tina Anselmi abbiano tutta l’urgenza di essere riscoperti, fatti ricamminare nelle nostre vite per reintegrare dei valori che oggi a volte sembrano dimenticati. E nel caso delle giovani generazioni ancora più importante riportare alla luce delle personalità che non hanno conosciuto, ma che possono ergersi come buon esempio. Tina teneva molto alle giovani generazioni, farle crescere con una coscienza attiva e saggia, per lei “la memoria” era fondamentale.

I messaggi che secondo me lascia ancora oggi Tina Anselmi, sono più d’uno sicuramente, quelli più rilevanti sono il suo invito a “imparare a esserci” in modo attivo, per essere consapevoli e attori di quello che succede, questo unito al messaggio di esserci per gli altri, un pensiero altruistico di condivisione del bene da parte della collettività e profondo rispetto dell’altro; questo soprattutto nella società dove viviamo abbiamo perso e andrebbe riposizionato in cima, così come sempre lo è stato per Tina Anselmi. 


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