DANA E IL COLLETTIVO VIDIN

di Agnese Fatou Giordano

Si è svolto domenica 7 maggio 2023 alla chiesa San Liberatore di Altamura il reading

Dana e il “Collettivo Vidin”
Reclusione e Resistenza di un gruppo di ragazze tra Slovenia, Italia e Balcani

un lavoro di forza evocativa, una storia che ha origine da una delle vicende del Campo profughi di Altamura, luogo che, durante la seconda guerra mondiale, fu centro di deportazione di partigiani e militari da diverse parti d'Europa.




Partiamo dalle parole.
Quelle dette, quelle scritte.
SMRT FAŠIZMU SLOBODA NARODU.
E’ da qui che inizia il viaggio ed è in ogni singola lettera di questa frase che il viaggio si snoda e termina:
MORTE AL FASCISMO, LIBERTÀ AL POPOLO.
Queste parole, incise dai partigiani nelle pietre di un luogo dimenticato, abbandonato e rimasto silente per troppo tempo, aprono il reading di Sante Cutecchia, intitolato e dedicato a “Dana e il collettivo Vidin”.

“Dana” è un dono che ci viene consegnato, ripescato dall’oblio, restituitoci per scavare a fondo e darci la possibilità di abbracciare, oggi, la parte giusta dell’umanità.
Catturata il 23 febbraio 1942 durante un feroce rastrellamento fascista, colpevole di incarnare l’ideale più elevato, Dana non si piegherà. Il regime durissimo cercherà in ogni modo di spegnere il suo pensiero, la sua forza ma Dana non è essere addomesticabile: il suo corpo attraverserà la vessazione, il freddo, la fame, lei in cambio restituirà merletti, decoro, cura.





La deportazione di Dana parte da Ljubljana in Slovenia, attraversa il carcere duro di Venezia, giunge a Trani e infine arriva ad Altamura, nel più grande campo di detenzione italiano chiamato “Campo 65”. Siamo in Puglia, regione che ahimè, dietro altre sbarre, trattiene e lascia dischiudere una delle più commoventi ed elevate pagine della resistenza italiana -ante litteram-, quella di Antonio Gramsci che aveva compreso, molto precocemente, la gravità di quello che a breve sarebbe accaduto. In una sua lettera indirizzata all’adorata cognata Tania, Gramsci parla dell’esperienza della prigionia come un “processo di trasformazione ‘molecolare’, nel quale le persone di prima non sono più le persone di poi”. E questo accade inevitabilmente in questo viaggio sia a Dana che a tutto il collettivo che, come fortezza, si crea intorno a lei.
Dana e le altre partono prigioniere, si ritrovano guerriere, partigiane.
Anche i muri delle prigioni cambiano pelle: si tramutano in meravigliose cartografie dall’importantissimo valore storico, mappe geografiche disegnate perfettamente in scala, racconto e narrazione del quartier generale che fu.




“Collettivo” è la seconda parola che troviamo nel titolo di questo lavoro.
Una piccola matita con cui scrivere le parole di un vecchio canto di resistenza, passato di mano in mano, diventa lo strumento capace di creare e intessere quel legame che ci dice che non siamo soli. Soli non andiamo in nessun dove, è nella collettività che bisogna fondersi perchè è in essa che troviamo nutrimento, salvazione, scambio, evoluzione.

Ed è proprio in questo piccolo collettivo “Vidin” che la civiltà ritorna, dopo la morte, dopo la barbarie, con delle timide lezioni di teatro, perchè sappiamo bene che laddove c’è arte, il sacro torna ad emergere.
Collettivo, come base di sopravvivenza per Dana e per gli altri così come lo è ancora oggi per tutti noi... Questo reading vuole essere un punto di partenza per far sì che tutte le nostre profonde sensibilità si incrocino, si parlino, si guardino negli occhi per un ritrovato respiro corale.

L’ode finale così violenta e cruda, tratta da “Il settimo” del poeta ungherese Attila Jozsef, ci invita ad ascendere, a reincarnarci mille volte per divenire finalmente Esseri Umani; bisogna entrare realmente nei panni di tutti, dai porci ai matti, e la strada da percorrere sembra essere ancora molto lunga perchè come ci dice il poeta i trucchi non bastano, “tu stesso devi essere il settimo”.
Il sette, numero sacro per eccellenza, è il punto cardine dove finisce la nostra ascesa terrena e inizia quella che ci connette alle sfere più elevate, quelle che da sempre ci sono state promesse e destinate.

Lo sguardo di Sante Cutecchia sulle cose è sempre così giusto, rispettoso, si posa delicatamente anche sulle più piccole fratture e lascia che se ne evidenzi la forza. Questo sguardo è il punto di partenza per riflettere sulla parola memoria. Memoria non è spettacolarizzazione dei fatti ma saper restare un passo indietro, per far sì che solo ciò che è stato, emerga, in tutto il suo terribile dolore, in tutta la sua sconvolgente umanità.

Dana e il collettivo Vidin, Reclusione e Resistenza di un gruppo di ragazze tra Slovenia, Italia e Balcani, abbraccia racconto, musica e fotografia. E tanto altro, come carezza silenziosa al mondo.
Silenziosa si fa per dire.

Ribadisco l’importanza di realizzare un’edizione, da distribuire a tutti gli studenti delle nostre città.


Francesco Massaro, Mariagrazia Fiore e Sante Cutecchia


Sante Cutecchia, chitarra elettrica, letture, fotografie
Mariagrazia Fiore, letture
Francesco Massaro, sax, elettronica
Laura Bonelli, testi
con la gentile collaborazione di Pierpaolo Capovilla per la voce fuori campo.

Uomini e donne di grande ispirazione

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