MONTEVERDI CHOIR E ENGLISH BAROQUE SOLOISTS INCANTANO AL MONTEVERDI FESTIVAL DI CREMONA
di Ornella Altavilla
Ogni anno, da 40 anni, a ridosso dell’estate è a Cremona che si intrecciano storie e nomi legati dalla musica e alla musica grazie al Monteverdi Festival. Senza ombra di dubbio il nome del festival rivendica una immensa paternità che proprio perché tale non va circoscritta alla musica del 500 o del 600 ma va estesa alla musica in genere. L’arte di Monteverdi ha rappresentato, infatti, una tappa cruciale per la storia di Cremona ma anche per l’universo musicale occidentale nel suo complesso.
Il ricco calendario del festival si è concluso domenica 25 giugno con l’attesissimo concerto del Monteverdi Choir e dell’English Baroque Soloists diretti dal Maestro John Eliot Gardiner, pioniere della prassi della musica antica e massimo esponente per l’interpretazione della musica rinascimentale e barocca. Lo si può senz’altro definire uno dei più importanti direttori di coro e orchestra contemporanei.
Gardiner inizia il suo percorso di ricerca e studio con il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi, uno dei più impegnativi lavori del repertorio corale sacro allestito, quasi per sbaglio, durante gli anni universitari. E come un cerchio che si chiude, è Monteverdi sacred music il titolo del programma del concerto che Gardiner porta nella gremitissima chiesa di Sant’Agostino a Cremona: un repertorio interamente tratto dalla musica sacra di Monteverdi contenuta, per gran parte, nella sua monumentale Selva Morale e Spirituale: una raccolta di inni, antifone, mottetti, di brani, dunque, destinati alla liturgia, a quell’articolato complesso, cioè, di servizi liturgici da eseguirsi in un luogo specifico: la chiesa.
Siamo in piena controriforma e la musica deve rispondere a stili compositivi diversi, in ragione della diversità delle committenze e delle corrispondenti finalità. In questo panorama storico le regole per la composizione della musica sacra si trasformano presto in rigidi limiti alla creatività dei compositori.
Come può, dunque, una musica così lontana nel tempo e nello spazio travolgere l’animo umano?
Attraverso lo studio e la conoscenza delle pagine scritte da Monteverdi, Gardiner ha saputo trasformare una musica che dormiva in silenzio su un pentagramma, in gesto sonoro. La sua direzione ha fatto rivivere la modernità del pensiero artistico del Divin Claudio attraverso la sua conduzione precisa e complessa, perché ricca di indicazioni, rivolta alle voci e agli strumenti come parti, entrambe di un unico corpo musicale.
Fra le mura della chiesa di Sant’Agostino gli strumenti cantano e le voci rincorrono con un’agilità strumentale le linee ricamate nel tessuto polifonico fondendosi assieme in masse sonore che prendono nell’aria forme dense e scolpite. Agilità delle voci, abituate a pensarsi strumenti, diventano rapide folate di suono che guizzano fra le navate, si acquattano ed esplodono restituendo la gioia e l’insieme delle sfumature cromatiche e armoniche della musica di Monteverdi.
Se il successo del Monteverdi Choir e dell’ English Baroque Soloists è da ricercare nella grandezza di Monteverdi non può essere da meno la dedizione di Gardiner nel proporre il complesso di vibranti contrasti cromatici e declamazione appassionata di cui la sua musica è strutturata.
Due personalità strepitose che hanno conquistato la loro libertà artistica.
La libertà di esprimere sé stessi in musica - da direttore, compositore o esecutore- esige l’obbedienza a certe leggi e il possesso di inattaccabili capacità tecniche che solo uno studio folle può fare acquisire:
“il talento, inteso come tecnica, senza il genio non vale molto,
ma il genio senza il talento non vale proprio nulla”
Nadia Boulanger
Commenti
Posta un commento