Dalla A al Ronne Il pensiero nuovo attraverso un nuovo linguaggio

 di Ornella Altavilla



A-Ronne è il lavoro conclusivo della rassegna Calvino-Berio promossa dalla Fondazione Prometeo per celebrare l’anniversario, rispettivamente, della nascita di Italo Calvino e della scomparsa di Luciano Berio. A far coppia con il nome di Berio, nello spettacolo A-Ronne, è il poeta Edoardo Sanguineti, figura di spicco del movimento della neoavanguardia italiana. Il concerto-spettacolo è eseguito nello Spazio Bignardi del Teatro Due di Parma il 16 Dicembre e, sotto la direzione di Mimma Campanale è interpretato da otto voci: Maria Eleonora Caminada, Beatrice Binda, Chiara Ersilia Trapani, Simona Mastropasqua, Danilo Pastore, Alessandro Tamiozzo, Paolo Leonardi e Giacomo Pieracci.

A-Ronne è uno spettacolo, un concerto, un esperimento sulla vocalità o, come Berio stesso ha definito, un documentario. Già a partire dalla sua definizione ci troviamo spaesati nell’impossibilità di trovarne una univoca. Ciò che A-Ronne chiede agli interpreti, infatti, è di intonare a cappella non solo note ma stati d’animo: sospiri, risate, borbottii e un ricchissimo ventaglio di atteggiamenti vocali. 

Sul palco prende vita un dialogo fra le voci che, con la costante guida dei diapason, intrecciano la trama disgregata del testo di Sanguineti. Assistiamo così ad una polifonia testuale oltre che musicale in cui le parole si accavallano una sull’altra in una confusione di senso e significati.

La situazione è caotica se letta con lenti convenzionali: siamo in piena avanguardia e neoavanguardia e musica e poesia hanno raggiunto evoluzioni che hanno connotato in modo tutto nuovo la relazione fra loro: la poesia ha perso la prescrittività del metro, del verso e della rima; a sua volta anche la musica ha perso la rigidità degli schemi tonali. Entrambe hanno conquistato una dimensione di libertà che ne ha favorito un dialogo moderno.

Le parole di A-Ronne sono recuperate da citazioni, frammenti e svuotate dal significato originario. Allo stesso modo la musica è sottoposta ad un lavoro di recupero e rielaborazione, operazione in cui Berio è massimo artista. In questo procedimento di desemantizzazione non conta più neanche la lingua: i testi, in parte tratti dal Vangelo di Giovanni, dalla Divina Commedia e dal Manifesto, sono in italiano, inglese francese, tedesco, latino e greco.

Le parole hanno quindi perso il contenuto, sono nient’altro che un involucro vuoto e se non può essere il significato, ormai rapito, a dare un senso al testo è il profilo melodico espressivo, è il lavoro di intonazione costruito da Berio a restituire alle parole la capacità di significare qualcosa.

Se da sempre il linguaggio rappresenta ciò che siamo, l’appartenenza ad una comunità A-Ronne rivela il periodo di grande crisi in cui è nato, un momento storico di trasformazione, di rottura degli schemi e delle convenzioni. In quel contesto, e ancora nella nostra epoca, l’operazione di Berio-Sanguineti è la dimostrazione che una rivoluzione è possibile grazie al lavoro del poeta e dell’artista, figure in grado di ricucire una crisi, storica e spirituale, e di costruire un pensiero nuovo: a partire dalle parole.




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