IL DIO NASCOSTO NEL CINEMA. INTERVISTA A MARIO DAL BELLO

 

di Laura Bonelli

Un viaggio nel pensiero spirituale attraverso la cinematografia occidentale dal Novecento a oggi. L'anelito dell'uomo alla ricerca di Dio nel cinema contemporaneo è il fulcro dell'interessantissimo saggio di Mario Dal Bello "Il Dio nascosto nel cinema - Percorsi dal Novecento a oggi" Ed. del Merangoli. L'autore parte dal Dio biblico per poi andare a cercare percorsi meno canonici e incentrati sull'uomo, i suoi tormenti, la ricerca della verità. Da Lars von Triers, a Matteo Garrone, da Cint Eastwood a Ermanno Olmi, solo per citarne alcuni, per inquadrare un pensiero interiore più vasto di quello che si possa pensare.

Mario Dal Bello è giornalista, scrittore e critico di cinema. Si occupa anche di arte e musica, argomenti ai quali ha dedicato numerose pubblicazioni. Dal 1997 al 2017, ha fatto parte della Commissione Nazionale Valutazione film della CEI e della giuria del David di Donatello. Sul cinema ha pubblicato: Primissimo piano. Incontri con registi attrici e attori (Ente dello Spettacolo, 2006), Caravaggio. Percorsi di arte & cinema (Effatà Ed., 2007), I ricercati. Padri e figli nel cinema contemporaneo (Effatà Ed., 2010), Le famiglie italiane sullo schermo (Ed. La Scuola. 2011). I testi sono stati presentati ai Festival di Torino, Venezia e Pesaro. Attualmente, insegna Storia dell’Arte all’Università Lateranense di Roma, dove vive.





La ricerca di Dio nel cinema si manifesta sempre attraverso il tormento o ha anche strade più quiete? 

Non sempre la ricerca di Dio è tormentata, anche se così appare in numerosi film. In particolare, cito alcune opere di Bergman – Il Settimo Sigillo, Luci d’Inverno -o anche lavori più vicini a noi come Tre Manifesti a Ebbing, Missouri di  McConagh o L’Isola di Longuine. Ma ci sono ricerche fondamentalmente serene, scandite nel tempo come ad esempio In to te Will che è un viaggio iniziatico  di un giovane verso l’Alaska di Sean Penn con quella frase stupenda: “Se uno perdona e ama, la luce di Dio è vicina”; oppure lo stesso Uomini di Dio di Beauvois sui monaci uccisi nel 1996 a Tibhrine o nei film meditativi di Terrence Malick come La sottile linea rossa. Malick credo sia uno dei ricercatori  più profondi del divino  nel cinema contemporaneo.


Lily Taylor in The Addiction di Abel Ferrara


Dal regista "maledetto" Abel Ferrara al contemplativo Andrei Tarkovsky, quali sono gli aspetti più interessanti di questo Dio nascosto nel cinema occidentale?

Penso che l’aspetto più emotivamente coinvolgente perché vero del cinema attuale sia il sentimento della inquietudine, anche per una felicità difficile da raggiungere.  Non per nulla il regista francese Bruno Dumont ha intitolato un film L’età inquieta: non solo di un giovane, ma di una società che lo circonda.  L’inquietudine, l’affanno e l’infelicità di fondo manifestano una  ansia  per cui Dio va cercato in altri mondi, come raccontano lavori di fantascienza, come Gravity di Cuaròn o Ad Astra di Gray: storie di astronauti alla ricerca di Dio, più o meno esplicita, nello spazio. Un Dio amore? Tanto che in Ad Astra l’uomo esclama: “ Voglio amare. Portare i fardelli degli altri e che gli altri portino i miei”.  E’ una luce, quella  che il cinema di Martin Scorsese cerca quasi disperatamente in alcuni suoi personaggi che vivono un “abbandono” da parte di Dio come nel film “Silence”. 




Tra gli italiani propone il cinema di tre giganti: Ermanno Olmi, Paolo Sorrentino e Matteo Garrone. Perché questa scelta?

Il cinema italiano affronta  la ricerca di Dio talora tra citazioni più o meno irriverenti o  tradizionali, ma quando fa sul serio arriva a soluzioni originali almeno in tre autori, pur differenti tra loro.  Ermanno Olmi è un ricercatore di verità inesausto: la dimensione sociale e religiosa gli è quasi connaturale, si veda L’albero degli zoccoli. In opere successive come Centochiodi e Il Villaggio di cartone critica  una religione chiusa per proporre un Dio degli umili e dei poveri, un crocifisso degli emarginati con tocchi di poesia sobria. Sorrentino sembra indifferente al fatto religioso in sé se non come tradizione vuota. Addirittura in Andreotti – Il Divo – vede la religione usata per il potere o in Loro tratteggia un Berlusconi o una Berlusconeide cinica, anche nei confronti del divino. Sorrentino irride la religione ne La grande bellezza, ove tratteggia una umanità vuota ed infelice: Dio, se c’è, è un “accidens” oppure un fanatismo. Anche nella serie The Young Pope la religione è più che altro un fatto  estetizzante: Dio c’entra o no?. Sorrentino rimane ambiguo, in cerca, forse. Garrone invece racconta anime povere, emarginate, poveri cristi buoni e miti come Marcello in Dogman, vittima della cattiveria umana, ma innocente, come nel bellissimo Io,capitano, dove brilla una luce tenue di speranza.


Mickey Rourke in Francesco di Liliana Cavani


 Due capitoli sono dedicati alle registe italiane Liliana Cavani e Alice Rohrwacher...

Si tratta di due registe assai diverse per età e formazione, ma molto interessanti. Liliana Cavani ha composto una Trilogia francescana con tocchi davvero geniali, in particolare con il primo Francesco del 1966, di una religiosità semplice, laica si direbbe, attenta al sociale, ma dove ha colto il suo rapporto con Dio, forse più evidenziato nel secondo con la scena delle stimmate.  La Rorchwacher ha uno stile lirico e gentile, ama personaggi introversi ed emarginati, in Corpo celeste una ragazza che cerca la luce della vitae incontra un vecchio prete semicieco;  in Lazzaro felice un uomo luminoso, incompreso ma che dimostra come “ la bontà esiste ancora, anche se non  si vede”.


Scrive: il cinema sembra gridare, in modi diversi, la storia dell' uomo "abbandonato da Dio". Dove dobbiamo cercarlo, dunque?

In numerosi film l’uomo cerca un Dio che sembra averlo abbandonato ma forse è lui oggi, incapace di silenzio, ad averlo perso di vista. Di qui, la solitudine, l’infelicità che pervade tanti racconti filmici. Dove trovarlo ora Dio? . Forse scavando nella propria interiorità e scoprendolo nel silenzio dentro e fuori di noi, e  nel dolore nostro e degli altri. Ma credo soprattutto nell’amore, come recita la frase di Into the Wild:” Se uno perdona e ama la luce di Dio è vicina”. 

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