Un Gala Concert d’eccezione per salutare il Monteverdi Festival
di Ornella Altavilla
Foto Studio B12
La serata conclusiva del Monteverdi Festival si è svolta domenica 23 giugno sul palco del Teatro Ponchielli di Cremona dopo una settimana di concerti, eventi e incontri sparsi per la città e fra loro collegati da un unico tema: la musica antica declinata in repertori e ensemble strumentali dell’epoca.
Il Monteverdi festival da 41 anni trasforma la tranquilla cittadina appoggiata sulle rive del Po in una rete di corti rinascimentali, in cui, per una settima, accanto alle alte mura del Torrazzo sfilano le bizzarre e inconfondibili custodie di tiorbe, liuti e chitarroni aggrappate alle spalle di coraggiosi musicisti che sfidano con orgoglio il tempo inesorabile che trasforma costumi e abitudini, generi musicali e strumenti ma non scalfisce l’entusiasmo verso il Divin Claudio e la musica barocca.
Anche quest’anno l’appuntamento conclusivo del Festival è un concerto memorabile che spicca nei cartelloni con il nome di Gala Concert. Un concerto, uno spettacolo che ha tutti i contorni di un evento: attesissimi sul palco del teatro cremonese sono L’ensemble Musiciens du Prince e Cecilia Bartoli sotto la direzione di Gianluca Capuano.
Il programma di sala svela una scaletta di grandi classici del repertorio barocco e del repertorio proprio della Bartoli, cavalli di battaglia che il pubblico fremente non vede l’ora di ascoltare e, alternati a questi, i concerti grossi di Corelli, Geminiani e Handel. Il pubblico è pronto e il Ponchielli vibra di attesa illuminato a mezza sala con il sipario aperto sul palco. Qualche istante e un esercito di musicisti irrompe sulla scena imbracciando strumenti e calcando un passo sicuro. Una schiera che con un’energia travolgente accompagna il pubblico attraverso il mondo sonoro dell’Europa a cavallo del 700. Les Musiciens Du Prince, rigorosamente in piedi come una vera orchestra barocca richiede, armati di archetti, di trombe e protetti dai loro leggii come fossero scudi intonano le prime note del concerto grosso op. 6 n. 4 di Corelli.
È sulle note finali di Corelli che, in un gioco di riferimenti al verso degli augelletti del Rinaldo di Handel, appare come per magia la grandiosa Cecilia Bartoli sfoggiando fin da subito la sua dote interpretativa senza pari.
Magistrale la direzione di Giovanni Capuano, determinata e sicura, degna del progetto dell’Ensemble nato, ormai nel 2016, dal desiderio della Bartoli di ricreare e rappresentare un’orchestra ispirata alle tradizioni musicali del periodo barocco. È tangibile la sintonia e il legame artistico fra i musicisti, il direttore d’orchestra e la mezzo soprano.
Strepitosa l’interpretazione di Sì dolce è ‘l tormento che si perde in un diminuendo millimetrico fino a rarefarsi fra i palchetti e le poltrone del teatro ipnotizzato dalla voce di Cecilia. Prodigiosi gli interventi del flauto traversiere e della tromba impegnati in diversi momenti di improvvisazione in dialogo con l’agilità vocale della Bartoli riconosciuta, fra l’altro, proprio per il virtuosismo delle sue colorature.
Un’esplosione ha salutato gli artisti, un’ovazione fragorosa cui sono seguiti due altri straordinari bis: un’agguerrita A facile vittoria dal Tassilone di Steffani e un commoventissimo e struggente Piangerò la sorte mia dal Giulio Cesare di Haendel per concludere definitivamente con un brillante momento di umorismo musicale che ha messo ancora di più in luce il valore artistico dei musicisti.
Fra la gratitudine palpabile di Cecilia Bartoli e dell’Ensemble e gli applausi soddisfatti del pubblico si chiude anche questa edizione del Festival con la rassicurante consapevolezza di ritrovarsi fra un anno ancora nello stesso posto, dove tutto è nato e tutto rinasce.
Bellissima, chiara e commuovente la tua recensione che mi ha fatto rivivere le emozioni del concerto.
RispondiEliminaGrazie.
Sara