CHIUSAFORTE E L'ETA' DELL'ORO DI PAOLO PESAMOSCA


di Laura Bonelli

Il Canal del Ferro è una vallata montana che separa le Alpi Giulie dalle Carniche in provincia di Udine. E' attraversata dalle acque azzurrissime del fiume Fella e ha una conformazione particolare. Chiusaforte è un piccolo paese di questa valle con qualche centinaio di abitanti, contornato da montagne e cascate, a cui appartengono moltissime storie: quelle vere, drammatiche  della prima guerra mondiale e le tradizioni  fiabesche fatte di streghe, gnomi, massi che si trasformano in teste di leone. Le Aganis sono tre streghe scarmigliate, le riconosci dai piedi rivoltati all'indietro, sono loro che nelle notti di forte vento fischiano con il loro fiato puzzolente. Mai accettare una moneta d'oro se viene offerta al Rio Mulino. Un dannato sconta la sua pena portando sulle spalle due secchi d'oro, se la moneta viene accettata, l'uomo si libera dal peso e tocca a chi ha preso il soldo portarli sulla schiena fino al prossimo malcapitato. 

Nel piccolo cimitero riposano in una semplice tomba le spoglie di Pierluigi Cappello, uno dei più grandi poeti contemporanei.
C'è però stato un tempo in cui Chiusaforte fu meta turistica assai famosa. Paolo Pesamosca la racconta nel bel saggio Chiusaforte e l'età dell'oro - Storia del boom turistico di un paese della montagna friulana e della famiglia Pesamosca che ne fu la guida (Chiusa Edizioni).
Nell' '800, grazie alla costruzione della linea ferroviaria, diventò celebre luogo deputato alle vacanze per il suo clima salutare e visse una vera e propria "età dell'Oro".
L'autore, partendo dalle storie di famiglia e allargando la ricerca, narra quel periodo ricostruendo tappe e motivazioni che trasformarono il borgo.
Degli antichi fasti purtroppo non rimane più nulla, ma negli ultimi anni c'è stata una ripresa, grazie anche alla Ciclovia Alpe Adria, la più conosciuta via cicloturistica del Friuli che congiunge Salisburgo a Grado. Chiusaforte è una delle tappe e  il recupero della ex stazione ferroviaria, trasformata in punto di ristoro e alloggio, contribuisce al turismo mentre nel centro del paese la rinascita dell'Albergo Martina propone un'ottima ristorazione della tradizione.





Ristorante F.lli Pesamosca, cartolina, circa 1910, coll. P. Pesamosca


Com' è nata l'idea di scrivere questo libro e perché si è focalizzato proprio su quel periodo storico?

Tutto è cominciato cinque anni fa, alla morte di mio padre. Tra le sue cose io e mia moglie abbiamo trovato degli appunti e un album fotografico antico, che conteneva i ritratti di tanti gentiluomini e gentildonne di metà Ottocento. Affascinati ed incuriositi abbiamo deciso che dovevamo dare un nome a tutti quei volti sconosciuti e abbiamo iniziato le ricerche. Purtroppo, non siamo per lo più riusciti a identificare queste persone, tuttavia abbiamo reperito una grande ricchezza di materiali e storie relativi a quell’epoca, che è poi diventata il punto di partenza per il libro. La scelta del periodo storico è stata naturale e quasi obbligata: è stata un’epoca incredibile ed irripetibile per il paese di Chiusaforte, appunto l’età dell’oro del turismo, in cui, tra l’altro, la storia del paese e della famiglia Pesamosca a tratti quasi coincidono. Ecco potrei dire che alla fine il libro è stato un po´ un tributo a mio padre, che quelle ricerche le aveva iniziate.


È stato difficile reperire le fonti? Come ha affrontato il lavoro di ricerca?

La fonte principale di informazioni sono stati i giornali: udinesi, triestini, veneziani e anche austriaci. Almeno per quanto riguarda il periodo successivo all’unità d’Italia. Sono quasi tutti disponibili online in archivi bene organizzati. È una ricerca lunga ma affascinante, un po´ come fare un viaggio nel tempo e rivivere il passato con gli occhi degli abitanti di allora. Essendo Chiusaforte, al pari di Arta Terme, la località di turismo montano più importante del Friuli in quegli anni, aveva una più che discreta copertura da parte della stampa. Per quello che riguarda il periodo precedente mi sono invece affidato a fonti bibliografiche, soprattutto libri della biblioteca Joppi di Udine o, per le vicende della famiglia, agli atti pubblici, come registri comunali e parrocchiali, catasto ed archivi notarili. Infine, per quello che riguarda il periodo più recente mi sono avvalso dei racconti di alcune persone fantastiche, che hanno vissuto quegli anni o ne hanno raccolto in gioventù preziosissime testimonianze dirette. È da qui che sono nate le storie familiari più belle del libro.


Veduta di Chiusaforte, Cartolina Litografica, circa 1890, coll. P. Pesamosca


Chiusaforte è un piccolo paese eppure è stato crocevia di molti avvenimenti e molte storie...

Chiusaforte è oggi un piccolo paese di seicento abitanti, ma a fine Ottocento era costituito da due comuni, Chiusaforte e Raccolana, che insieme ne sfioravano tremila. La fortuna fu portata dalla ferrovia, la Pontebbana, da cui il paese trasse beneficio come nessun altro, tanto che l’ho definito nel libro come “baciato dalla ferrovia”. È una di quelle storie che potevano accadere solo nell’età pionieristica delle strade ferrate, quando l’essere o non essere comodamente raggiungibile con il treno faceva tutta la differenza del mondo. E poi Chiusaforte sorgeva in una posizione privilegiata, porta di accesso alle più importanti vette delle Alpi Giulie, tanto da venire chiamato sui giornali l´ “Aosta del Friuli”. Da qui si sviluppano bellissime storie che riguardano l’alpinismo, gli albori del turismo friulano, ma anche l’irredentismo triestino, essendo il paese diventato località di villeggiatura privilegiata di tante famiglie appartenenti alla borghesia imprenditoriale giuliana di identità italiana. E tra questi tantissimi intellettuali e, soprattutto, poeti, che nelle loro liriche si sono ispirati ai bellissimi e selvaggi paesaggi delle vallate circostanti. Tanto che si potrebbe chiamare Chiusaforte la piccola “Elicona del Friuli”.


Ricovero Nevea, 1893, Archivio SAF



C'è una vicenda, un episodio che l’ha colpita particolarmente nella narrazione di questa storia?

Sono rimasto particolarmente colpito dal fatto che scrittori all’epoca molto conosciuti si siano interessati al piccolo paese di Chiusaforte e ne abbiano lasciato ampia testimonianza nei loro libri. Mi riferisco allo scrittore udinese Giuseppe Marcotti, che nel suo romanzo “L’oltraggiata”, pubblicato nel 1901, ambientò ben due capitoli tra Chiusaforte, l’Albergo alla Stazione, che apparteneva ai miei avi, e Sella Nevea. Ma soprattutto a Heinrich Noè, noto giornalista e scrittore tedesco di fine Ottocento che, nel suo libro “Deutsches Alpenbuch” del 1885, che è al contempo diario di viaggi, guida turistica e contenitore di storie, riporta un bellissimo racconto molto romantico ambientato nella cornice del paese e dell’Albergo alla Stazione. Si tratta della storia di una coppia di giovani sposi, due nobili veneziani che vivono la loro esistenza da completi estranei ma che, soggiogati dalla magia degli splendidi paesaggi alpini circostanti, finiscono per innamorarsi. Un racconto che deve aver toccato i cuori di molti visitatori di un universo tedesco ancora profondamente legato a una visione romantica del nostro paese. Una pubblicità incredibile per i miei antenati.



Paolo Pesamosca


Cosa rimane oggi a Chiusaforte degli antichi splendori?

Purtroppo, a partire dalla Prima guerra mondiale, Chiusaforte ha iniziato una lenta ma inarrestabile decadenza che ne ha visto la popolazione ridursi di ben cinque volte. Anche il turismo è lentamente appassito, fino a ridursi ad una manciata di discendenti dei residenti di allora, come me, che tornano a trascorrere le vacanze estive nel paese di origine delle proprie famiglie. Fortunatamente la situazione comincia adesso a essere un pochino meno nera, la ciclabile Alpe Adria ha portato ad un flusso costante di visitatori e molte case nelle vallate circostanti sono state ristrutturate e si popolano nei periodi estivi. Degli antichi fasti qualcosa rimane ancora: come l’Albergo Martina, che oggi come allora offre un servizio ristorante di ottima qualità, e il padiglione ristorante dell’Albergo Pesamosca (ex Albergo alla Stazione), oggi una Pizzeria, che fu il fiore all’occhiello della gestione dei miei antenati. Purtroppo, il corpo principale dell’hotel si erge vuoto, ormai ridotto ai soli muri esterni, come un fantasma, al centro del paese. Si fa in questi giorni un gran parlare di alcuni imprenditori che vorrebbero rilevarlo e farne un albergo di livello. Ecco, speriamo che questo sogno si realizzi e che sia l’inizio di un ritorno, almeno in parte, agli splendori di un tempo.

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