Boheme: un ricordo grande "involto tutto quanto" nel palco del Ponchielli

 

testo di Ornella Altavilla

foto di Alberto Cataldi




La stagione d’opera del Ponchielli di Cremona debutta il 6 ottobre con Bohème di Giacomo Puccini, una delle opere del compositore toscano più rappresentate al mondo per celebrare i cento anni dalla sua scomparsa. Il lavoro, frutto della produzione di OperaLombardia, è un allestimento nuovo e allo stesso tempo giovanissimo a partire dalla regista Mariagrazia Bafunno, dal direttore d’orchestra Riccardo Bisatti fino ai costumi e alla moderna ambientazione.

Bohème, opera arcinota non solo fra gli appassionati, ha avuto il grande merito di costruire nell’immaginario collettivo l’idea di una Parigi romantica e malinconica in maniera talmente pregnante da non riuscire più né a distinguere dove finisce Bohème e dove inizia Parigi né di affermare se è Bohème che ha plasmato l’idea di Parigi o è Parigi che ha dipinto i contorni di Boheme.

 Ma Parigi, i suoi tetti, i suoi comignoli e la barriera d’Enfer, sulla scena di Bafunno non compaiono mai: l’unico riferimento esplicito alla Ville Lumiere è un cartello stradale con la scritta Paris che i giovani bohémien utilizzano come tavolo da pranzo adagiato, alla bell e meglio, su due cavalletti.  Eppure, la storia di Bohème e l’idea di Parigi sono fuse assieme in un unico stato d’animo presente sul palco e fra il pubblico fin dai primi accordi dell’orchestra.




L’idea di Bafunno è costruita attorno alla consapevolezza che il pubblico ben conosce la storia e il dramma di Mimì e inventa un personaggio, un anziano Rodolfo, che compare in scena nel silenzio buio della sala e inizia un viaggio indietro nel tempo della sua memoria trascinando tutto il pubblico con sé: Bohème si trasforma in un lungo ricordo racchiuso in una scatola grande come il palco del Ponchielli, in cui si alternano feste, confidenze, amori e fermo immagine spettacolari. La scelta registica in parte richiama il tanto usato, a volte abusato, stratagemma del teatro nel teatro senza mai ricadere nel cliché ma fornendo un punto di vista rinnovato.

La drammaturgia, infatti, è abbondantemente rispettata e, in alcuni momenti, è anche valorizzata dallo sguardo moderno e contemporaneo oltre che dalla lettura attenta della partitura da parte del Maestro Bisatti, concentrata nel sottolineare colori, dinamiche e giochi di richiamo dei temi dei personaggi. 




Riproporre Bohème a oltre cento anni dalla sua creazione resta impresa ardua e sceglierla come opera d’inaugurazione della stagione non lo è da meno. Il capolavoro di Puccini si confronta ogni volta con un orizzonte d’attesa da parte di un pubblico sempre più esigente e informato. In questa prospettiva si è rivelato grande il lavoro del regista e del direttore d’orchestra nel saper misurare lo spazio fra la drammaturgia di Puccini e quello dedicato alla loro creatività, un confine sottilissimo che spesso viene travolto dalla tentazione di affermare il proprio ruolo artistico. Un lavoro di qualità e di rispetto nei confronti di un classico del teatro d’opera che ha preso vita grazie alle note dell’eterno Maestro e ha permesso ai giovani artisti bohémien di cantare ancora una volta sul palco la loro storia. 

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