Follia e saggezza fra le parole di Silvio Raffo e le musiche di Vincenzo Torricella


di Ornella Altavilla






Il Festival “Le anime della chitarra” disegna una parabola di incontri che, quest’anno, termina il 21 settembre con un appuntamento dedicato alla poesia. Un tema perfettamente coerente con lo spirito del Festival da sempre impegnato ad offrire un punto di vista differente rispetto al materialismo e alla deriva tecnologica che i tempi che stiamo vivendo ci impongono.
Protagonisti dell’ultimo incontro del Festival sono stati Silvio Raffo e Vincenzo
Torricella. 

Silvio Raffo ha dedicato tutta la sua vita alle parole come scrittore, traduttore, interprete e professore di lettere. Fra i suoi lavori più eclatanti la traduzione per la prestigiosa collana I Meridiani di Einaudi delle poesie di Emily Dickinson, ma altrettanto imponenti la sua antologia Muse del Disincanto, i romanzi e, non ultimo, la creazione del circolo culturale La piccola Fenice, rifugio di appassionati e amanti della lettura e letteratura che Raffo ha realizzato a Varese e che coltiva con passione organizzando incontri di lettura o semplici momenti di confronto. Proprio come una fenice la poesia ha ripreso vita dal cuore pulsante della Biblioteca Passerini Landi di Piacenza, la meravigliosa Sala Monumentale.
Quella di Silvio Raffo è stata una vera performance, non una semplice lettura ma una rappresentazione del pensiero racchiuso fra i versi delle poetesse diventato concreto e vivo in tutta la sua realtà. Il filo conduttore che ha legato assieme le poesie di Emily Dickinson, Emily Bronte, Christina Rossetti e Sylvia Plath è stato la follia femminile, la sua storia e la sua evoluzione dall’ 800 al 900.

Silvio Raffo ha lo sguardo schietto e misterioso, è un poeta che sa recitare, conosce le sue poetesse più di chiunque altro, per passione sicuramente ma anche per necessità: il lavoro di traduzione dall’inglese all’italiano non può ridursi a una mera trasposizione del significato letterale dei termini ma richiede uno sforzo creativo che possa rendere il nuovo testo tradotto il più vicino possibile all’intenzione dell’autore.
Recitando parole, tradotte da parole scritte e pensate dalle anime in subbuglio delle
poetesse, Raffo ha condiviso i segreti nascosti nei versi organizzati in quartine e stanze: luoghi di libertà per raccontare coscienze ed esprimere anime vibranti di angoscia, disperazione e vita.

Con straordinaria professionalità e creatività Silvio Raffo ha modellato e restituito
concretezza a tutto quello che la poesia è ma che è così difficile da definire: un condensato di suggestioni, messaggi, emozioni e brutali verità mescolati alla travolgente musicalità dei versi sia in inglese che in italiano.

Oltre ai racconti di Silvio Raffo, hanno accompagnato i preziosissimi versi le musiche suonate da Vincenzo Torricella, organizzatore del Festival assieme a Piera Dadomo, che per l’occasione ha scelto di suonare con l’arciliuto, uno strumento sontuoso quanto antico, insidioso e allo stesso tempo delicato nella sua gestione. Fra i brani, prevalentemente tratti dal repertorio barocco come il Preludio di Giovanni Zamboni e La voix umaine di Marin Marais, anche una composizione dello stesso Torricella Lazarus lament; una scelta che è riuscita a creare un dialogo efficace con le letture delle poesie. Lontana dal ruolo di anonimo sottofondo la musica, di per sé ineffabile e inafferrabile, ha contribuito significativamente a ridisegnare i contorni di un’arte che Eugenio Montale definiva “inutile” ma proprio per questo assolutamente necessaria per la nostra sopravvivenza.

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