COSÌ FAN TUTTE. UN MOTTO CHE RESISTE AI SECOLI
Testo di Ornella Altavilla
Fotografie di Alberto Cataldi
La stagione d’opera del Ponchielli propone il secondo titolo in cartellone “Così fan tutte” di Mozart – Da Ponte in due recite, rispettivamente venerdi 1 e domenica 3 novembre: con questa seconda tappa si delinea il filo rosso che collega le opere in programma nel teatro cremonese. La scelta della direzione artistica è evidentemente tutta nel senso della qualità dello spettacolo, basti leggere i nomi in locandina: il capolavoro mozartiano è affidato, infatti, alla bacchetta di Federico Maria Sardelli, alla regia di Mario Martone (ripresa da Raffaele Di Florio) e a un cast davvero impeccabile e preparatissimo. Se si mettono assieme i nomi che hanno lavorato alla realizzazione dello spettacolo: Mozart, Da Ponte, Sardelli e Martone il risultato è una squadra di eccellenze. Cosa dire dunque e quale giudizio o valutazione avanzare davanti a un parnaso di artisti?
Se nulla è dato da osservare allo spettacolo e, prima di tutto, alla scelta della direzione artistica, sicuramente, un’osservazione si può avanzare e condividere.
Così fan tutte, terza sorella come la chiama Da Ponte, prima della riscoperta novecentesca non aveva maturato il successo dei precedenti lavori dapontiani; tuttavia, al pubblico dell’epoca parlava un linguaggio condiviso, fatto di convenzioni, di riferimenti intellegibili, un codice fruibile da quel pubblico che sapeva riconoscere il significato e la ragione, ad esempio, dell’uso del corno anziché del clarinetto, sapeva interpretare gli schemi formali, i momenti delle arie e dei recitativi. Un pubblico che, rispetto al pubblico che adesso siede a teatro, non era più colto o, banalmente, migliore ma, semplicemente, conosceva il linguaggio che il teatro praticava per comunicare. Adesso che il teatro non rappresenta più l’esclusiva occasione di svago e scambio sociale, ne siamo inevitabilmente distanti e ben tre secoli ci separano dalle produzioni di Mozart. Il palco del Ponchielli ha accolto il pubblico a sipario aperto sulla prima, e quasi unica, scena della camera di Fiordiligi e Dorabella, tipica impostazione registica di Martone che trasforma l’intera scatola teatrale in un palco concreto in cui la scena prende forma direttamente fra il pubblico.
Va da sé che i linguaggi sono mutati e le convenzioni anche ma Così fan tutte piace ed è piaciuto. Eppure, com’è possibile se stratagemmi orchestrali, strettamente musicali e di allestimento, restano principalmente confinati sui leggii dei musicisti nella buca del teatro, invisibili e nascosti fra i gesti del direttore d’orchestra?
Dettagli di maniera da riproporre per austero rispetto a una legge non detta del teatro?
Lo stesso Sardelli, nelle note musicali allegate al libretto di sala, spiega con puntuale meticolosità l’importanza delle indicazioni del compositore presenti in partitura e le discordanti tradizioni esecutive delle stesse.
Questioni di ottusa filologia?
Forse alcuni vocaboli di un universo così complesso come il teatro hanno perso la loro struttura semantica di spessore, e in parte è un peccato perché sembra che non si riesca a restituire con esattezza e totalità la magia e il genio non solo dell’indiscutibile Mozart ma anche del Maestro Sardelli, faraonico conoscitore di Vivaldi e del talento di Martone. Sicuramente la qualità di una collaborazione di professionalità cha ha dato vita al divertente dramma giocoso di Mozart è innegabile e se quel che resta nella percezione del pubblico è solo un distillato della finezza e genialità delle scelte artistiche poco importa se è questo il lavoro da affrontare per mantenere accesa la fiamma della magia del teatro, rifugio delle nostre tradizioni e della nostra storia di popolo, di paese e di cultura.
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