ORFEO PENTITO
di Bruno Pompili Odilon Redon, Orpheus, c. 1903-1910 Tornato dall’Ade, dove ha lasciato Euridice, Orfeo trova che di nuovo il mondo è vuoto, senza di lei. La saggezza calcolata dei bottegai e quella irridente dei bevitori nelle bettole della Tracia tendevano a dire «tanto peggio per lui». Un artista questi pensieri li coglie nell’aria; ma Orfeo non aveva bisogno di tendere le narici, perché lui stesso già li formulava. Si ritirò, senza pensare a quanto tempo sarebbe durato un esilio volontario. Dopo un lungo silenzio, in grotte, valli, dirupi e giacigli d’animali, non sopportando più i suoni dentro di sé, provò a esporli. La sorpresa furono i rumori indistinti e rugginosi che riuscì a sentire fuori dal suo gozzo. Si guardò intorno spaventato, e si rimise nel silenzio più totale. Non misurò neanche gli anni, ma bevendo a un fiume, che gli fece da specchio, capì l’orrore della sua immagine. E la impossibilità di cantare, persino di parlare. Ricominciò da piccoli suoni, come un bambi...